La sicurezza e il pensiero cardiopatico (V. Calò)
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						Recensione di “La sicurezza e il pensiero cardiopatico”
						
						Titolo: La sicurezza e il pensiero cardiopatico
						
						Autore: Vincenzo Calò
						
						Casa editrice: Bertonieditore
								Buonasera amici miei, ho da poco terminato una nuova silloge
						poetica e mi sono subito rinchiusa nel mio studio per parlarvene.
						
						Questo libro è suddiviso in due “capitoli” (La sicurezza
						e Il pensiero cardiopatico) che potrebbero essere benissimo due libri a
						sé stanti ma, in verità, quasi coesi, fusi.
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“…piene di un
						cielo di scuse.”
						
						“Il silenzio
						funziona come una naturale certezza
						
						rompe le serrature
						più tradizionali, …”
						
						“Incitiamo la
						morte che danza tra bisogni d’amore
						
						in belle copertine
						di dischi che si assentano ai colloqui di lavoro
						
						con l’incertezza
						sociale, spalmabile sul colore della pelle.
						
						Teste tagliate di
						un problema d’educazione
						
						argomentano
						movimenti in seno alla presenza di uno Stato
						
						di una cosa (se
						letta) sottile (se capita). 
						
						[…]
						
						Questo centro
						commerciale ci guida pericolosamente 
						
						verso appuntamenti
						stupidi, con debiti liberatori
						
						nel diritto di
						creare il silenzio.”
								Ho voluto inserire queste previ citazioni tratte da tre
						poesie di Vincenzo Calò per darvi un’idea del suo stile, della sua
						particolarità, della sua schiettezza e anche ironia.
Nelle poesie di Vincenzo Calò troviamo il suo pensiero, il
						suo giudizio verso ogni aspetto del mondo odierno: scuola, politica,
						social network, media, famiglia, società.
L’autore descrive come stiamo vivendo in un mondo di
						apparenza, di ignoranza, di freddezza e illusione.
L’autore mostra come la mia generazione e i giovani di oggi
						si ritrovi a vivere di falsità, di apparenze dettate dai continui fotogrammi
						sociali dove mostrare il falso per non vedere ciò che siamo veramente perché fa
						paura capire che siamo vuoti.
Descrive la mancanza d’evoluzione, l’autodistruzione
						della società, della famiglia, del pensare con la propria mente.
Non ha paura d’affermare che la politica e la vita stessa
						danno spettacolo manipolando i pensieri, perdendo il pudore e la dignità per
						un’accettazione finta e inutile dove vige la regola che tutti possono giudicare
						tutti (una cretinata pura!).
								Tutto questo viene affrontato anche in “Il pensiero
						cardiopatico” ma, a differenza della prima parte del libro, qui è come se
						l’angoscia, la rabbia, la paura che tutto peggiori (se non ha già toccato il
						fondo) e rimanga fangoso.
Vincenzo Calò descrive un mondo alla deriva, inconcludente
						su molti (se non tutti) gli aspetti della vita, superficiale in ogni cosa,
						ipocrita.
Non ha paura di esprimere il suo giudizio anche verso le
						banche, la Chiesa e quindi, verso ogni tipo d’uomo che s’imbottisce di farmaci
						per sedare le proprie paure, le proprie crisi invece di guardarsi allo
						specchio, vedersi e lavorare per migliorarsi o accettarsi per com’è.
Enuncia come la politica, ma anche la società stessa,
						facciano di tutto per tenerci statici, fermi, allo scuro, dei veri problemi
						sociali perché troppo ingestibili se noi ci adoperassimo per cambiare le cose.
Non tralascia nulla, non omette il suo giudizio, la sua
						visione.
								Ma come fa ad esprimere tutto questo?
Chiariamo subito che la poetica di Vincenzo Calò non è
						semplice ne breve.
Le sue poesie sono lunghe, metaforiche molto spesso, con un lessico e delle
						figure retoriche complesse che a volte necessitano di una rilettura.
Non si tratta di una poesia che scivola via, ne di una
						lettura comune.
I suoi versi sono ricchi di studio, di profondità, mai
						banali, colti, moderni, riflessivi, maturi.
Direi esponenziali e con un velo d’ironia e humor.
In quasi tutte le sue poesie ho dovuto soffermarmi perché mi
						chiedevo: “Cosa penso a riguardo? Faccio parte anche io di questa società
						mediocre? Ma perché non mi sono mai soffermata a questo aspetto?” e per
						questo si è trattato di una lettura lenta, ponderata, intima e davvero
						accrescitiva.
Quando ho terminato la lettura mi sono detta che si trattava
						di poesia sociologica pura.
Vincenzo Calò esprime tutto ciò che ci protegge dietro a
						un’apparenza sicurezza che in verità ci angoscia e serve come scudo
						dall’analizzare la nostra vita e ciò che ci circonda.
						
						Una poetica nuova che spero di conoscere meglio attraverso
						l’intervista che farò all’autore.
						
						A presto, 
la vostra Ele
						
						

