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Pegognaga (Mn): il Museo Augusto Paluan

Rubriche > Archvio > Lughi e viaggi
Ci troviamo a Pegognaga (Pigugnàga in dialetto basso mantovano) un comune della provincia di Mantova, nel cuore della pianura Lombarda, a metà strada tra il Po e il confine con l’Emilia-Romagna.
La cittadina è stata gravemente colpita dal devastante terremoto che nel 2012 ha colpito, ferendola ferocemente la pianura Padana.
Il territorio di Pegognaga è situato tra gli 8 e i 14 chilometri dall'epicentro del sisma, e per quanto si sia sempre parlato molto poco della provincia di Mantova quando di parlava di quel terremoto, Pegognaga è tra i centri maggiormente colpiti dal sisma.
Siamo nel cuore di un territorio da tempo immemore vocato all’agricoltura, o come preferiamo definirla noi “Agri-cultura”, per in fondo di quello si tratta: le radici agricole sono le radici della nostra storia, e la nostra storia è la mamma della nostra cultura.
In un territorio a vocazione agricola è conseguenziale che le industrie manifatturiere nate nella zona siano strettamente legate a quella che è l’economia trainante per le popolazioni locali.
Pertanto ecco sorgere industrie per la trasformazione dei prodotti agricoli, aziende che si occupano di logistica e commercio all’ingrosso. Abbiamo lasciato per ultima l’industria metallurgica, non perché sia meno importante, tutt’altro, ma spieghiamo subito perché l’industria metalmeccanica è citata per ultima.
Alla fine degli anni ’70, ma proprio alla fine (era il 1979) per volere del suo fondatore, il Sig. Augusto Paluan, nasce l’omonima azienda di carpenteria.
Ai giorni nostri l’azienda è cresciuta costantemente, fino a diventare una delle più importanti aziende di Pegognaga e dintorni. Ma, seppure sia una realtà importante, non è della Carpenteria Paluan che vogliamo parlare.
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Dovete sapere che Augusto Paluan non era solo un eccellente e creativo imprenditore e un valente progettista con grandissime conoscenze tecniche: questo gli ha ovviamente permesso di dare vita alla sua azienda, ora nelle mani del figlio e che vede sempre attiva e presente la moglie, Teresa; Augusto viveva intensamente anche le sue passioni, e una di questa era decisamente legata alla sua attività professionale.
Era un uomo curioso, un filantropo, amava il suo tempo e il suo mondo, parallelamente alla gestione dell’azienda si dedicava a quella che è diventata una vera e propria seconda attività: l’archeologia industriale e il restauro di macchinari e accessori.
Negli anni tutto questo si è trasformato in uno straordinario museo di reperti e macchinari. Un museo che Augusto ha riempito nel tempo e negli anni, ricercando nei suoi tanti viaggi qualche bestione di macchinario industriale da rimettere in funzione.
Augusto Paluan
Il trattore Superlandini SL 500 del 1934
Il Museo Augusto Paluan è davvero un museo che merita di essere visitato perché in ciò vedremo ognuno di noi potrà riscoprire qualcosa del proprio mondo, della propria: magari il ricordo di qualche racconto del nonno o del padre, magari qualcosa che è stato visto in qualche vecchio film o documentario; oppure la suggestione di scoprire un mondo, una tecnologia che per i più giovani è totalmente sconosciuta, ma che ha consentito al progresso della tecnica di arrivare all’esasperata tecnologia della nostra epoca.
Il museo è certamente la più importante raccolta di macchinari e attrezzature del lavoro d’altri tempi, con i suoi contenuti, si pone in una nicchia particolare, agli occhi degli appassionati d’arte forse sfugge che il grande lavoro di Augusto sia stato a tutti gli effetti arte pura.
Il modo migliore per conoscere a fondo il Museo e con esso Augusto Paluan, come e perché sia nata questa collezione che è uno scrigno dove sono custoditi tesori straordinari, è quello di intervistare Teresa Morbio Paluan, la vedova di Augusto.

Sig.ra Morbio, come e quando è nata questa passione in Augusto?
Credo che la sua passione sia sempre stata presente, in quanto mio marito era nato in una famiglia contadina.
Negli anni 80 ha iniziato la sua ricerca nelle campagne, ad acquistare e a restaurare trattori.
Trattore Rumely Old B Old Pull del 1912
Componenti dell'Advance Rumely
Lei certamente ha vissuto molto da vicino questo viaggio nel mondo “antico” dell’industria e della meccanizzazione attraverso il XX° secolo. Quali sono le emozioni che scuotevano suo marito, e lei ovviamente, in questa opera di ricerca?
Senz’altro la meccanica di questi trattori, semplice e funzionale.
Augusto diceva sempre che era incantato mentre i motori erano in movimento.
Quando restaurava spesso di notte, si radunavano in corte schiere di amici e tutti portavano il loro contributo.
Come moglie devo dire che è stata una passione che spesso, in modo particolare nei primi tempi, ci ha portato a litigare, successivamente ne sono stata coinvolta.
Si era formato il G.A.T.E Gruppo Amatori Trattori D’Epoca e si organizzavano feste evocative di aratura e trebbiatura con macchine d’epoca.
Anche i nostri figli e gli amici partecipavano.
In questo museo sono raccolti cimeli di grande valore storico, c’è qualche aneddoto particolare che merita di essere ricordato?
Uno in particolare mi fa ancora sorridere e riguarda un trattore americano arrivato con un container dall’America.
Quel giorno mio marito mi disse che sarebbe arrivato un piccolo trattore che aveva acquistato perché era stata proprio un’occasione …
Arrivò un camion quasi da trasporto speciale
Allora non c’era internet e per il restauro mandammo a prendere i disegni in America.
Fu una grande impresa che coinvolse tante persone, alla fine il trattore Rumely Oill Pull fu messo in funzione
Quali difficoltà avete incontrato nel rimettere in funzione macchinari che possiamo definire antichi e quanto è stato complicato trovare pezzi di ricambio
Prima di tutto il tempo, la reperibilità dei disegni da richiedere agli archivi di competenza e poi tanti pezzi di ricambio venivano rifatti in modo fedele da mio marito che era artigiano metalmeccanico o meglio allora si diceva Fabbro.
Poi anche ricerche sui mercatini di antiquariato, dove c’erano tra gli appassionati molti scambi
Compressore a vapore Breda del 1910
Qual è il valore di questa collezione? E’ un valore puramente economico oppure un valore storico e culturale?
Per me e la mia famiglia un grande valore affettivo per tutti, credo un grande valore storico connotato nelle nostre radici di cultura contadina e della meccanizzazione dai primi del 900 fino alla sua metà.
Non si può dimenticare che prima era tutto fatto a mano e questa meccanizzazione ha portato una vera e propria rivoluzione nelle campagne.
Direi quindi che questa raccolta abbia un valore storico culturale, che non può essere dispersa.
Mi auguro che mio figlio e le mie nipoti sappiano essere portatori concreti di questa eredità
Trattore Fiat 700 A del 1928
Trattore Titan del 1915
Qual è l’atteggiamento del visitatore quando arriva da voi?
E’ sempre  appasionato e rispettoso. Spesso di meraviglia e venerazione per i veri intenditori.

Come è possibile visitare il museo?
Su appuntamento.

Il territorio, parlo di enti pubblici o associazioni, sostengono la vostra iniziativa?
Essendo privato, no, spesso ci vengono richiesti degli automezzi per partecipare a mostre e feste.
In ricordo di mio marito, una volta all’anno facciamo una festa dove quasi tutti i mezzi vengono avviati.

Se potesse realizzare un desiderio per il museo, quale sarebbe?
Dovremmo rifare il capannone che li tiene ricoverati perché non funzionale, ma il fatto di non sapere dove mettere i mezzi durante la ristrutturazione ci ha sempre frenato.
La ristrutturazione permetterebbe forse un approccio diverso da parte di un pubblico interessato.
Autocarro 18 BL con cassone, il più utilizzato nella prima guerra mondiale
Fiat Ardita
L'Astrolabio di Swanbook
Redazione: Desenzano del Garda
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