Fontanellato (PR) - La Sala del Parmigianino
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LA ROCCA SANVITALE
Fontanellato (PR)
Piazza Matteotti, 1
tel. 0521/829055
info@fontanellato.org
www.fontallato.org
Il
visitatore scopre quasi all'improvviso la Rocca di Fontanellato,
percorrendo le strette strade di impianto medievale, sulle quali si
aprono minuscole botteghe sotto bassi portici dagli architravi il legno e
dalle rustiche pilastrature.
Appena s'intravede l'isolato e
solitario castello, lo spazio, che prima appariva angusto e tortuoso
sembra dilatarsi, espandersi in una vastità imprevista.
La
Rocca, circondata da un grande fossato, descritta non casualmente come
"peschiera" nei documenti antichi, si presenta con un'eleganza
aristocratica singolare, ma che la rende inconfondibile nel vario e
ricco panorama dei castelli, che dal Po alla montagna, punteggiano e
imperlano di rare preziosità il territorio della provincia di Parma.
E'
un castello questo che non ha perso nulla del fascino che gli deriva
dall'esser stato una costruzione di difesa militare nei tempi ferrigni e
aspri del medioevo. La cinta esterna venne eretta, a partire dal
torrione quadrato posto a nord e che in origine era molto più alto,
probabilmente attorno al 1386 e completata su pianta quadrata alla metà
del '400.
Una corretta rilettura odierna dell'edificio è molto
difficile, anche se, nel cortile, diverse sono le tracce di aperture e
chiusure.
Originaria, seppur restaurata, la quattrocentesca scala a
volte, che conduce alla loggia superiore, così come originario il
porticato che al piano terra si sviluppa sul lato nord-est.
Le finestre ogivali che si aprono su tre lati del cortile sono di stile tardogotico.
La corte, se ricorda ancora il suo essere
fortificazione militare, ha tuttavia nell'uso elegante del cotto, nella
ricercatezza del doppio loggiato, una certa grazia signorile. Così tutta
la Rocca di Fontanellato unisce il senso di forza e di compatta
solidità propria delle costruzioni militari, ma con una grazia, ancora
un pò acerba, ma comunque molto evidente, tipica di un'età signorile che
va scoprendo l'umanesimo e con essa i piaceri del vivere e
dell'intelligenza in fermento dell'epoca.
La sala del Parmigianino (la saletta di Diana e Atteone)
La sala del Parmigianino è il gioiello più prezioso della Rocca Sanvitale di Fontanellato.
E' costituito dalla "saletta di Diana e Atteone", affrescata nel 1524 da
Francesco Mazzola, detto il Parmigianino (Parma 1508 - Casalmaggiore
1540), uno dei maggiori maestri del manierismo italiano.
All'inizio
degli anni '20 del XVI secolo il giovane Francesco Mazzola, meglio noto
come Parmigianino, riceveva committenza dai Sanvitale, una famiglia di
nobili proprietaria di un castello a Fontanellato (la Rocca) per
affrescare un sala del castello.
Una
conferma che possiamo avere del potere della famiglia Sanvitale e della
sua fama riconosciuta è dimostrato dal matrimonio tra l'allora conte
Galeazzo e Paola Gonzaga, sorella della più celebre Giulia, vedova di
Vespasiano Colonna e contessa di Sabbioneta.
i
due nel 1523 ebbero un figlio maschio, di cui però i documenti tacciono
e dopo un anno non se ne sente parlare più. Pare evidente la morte
prematura del piccolo Sanvitale.
Il
Parmigianino trova pertanto una situazione ancora scossa al suo arrivo a
Fontanellato. La commissione assegnatagli prevedeva la realizzazione
degli affreschi nella volta e sulle pareti di una piccola saletta di
forma rettangolare. La decorazione lascia libera solo la zona inferiore
delle pareti, forse originariamente coperte da arazzi.
Parmigianino
immagina la volta come una sorta di cripta-gazebo con un pergolato
sostenuto da canne tra cui spiccano dodici putti che offrono ghirlande,
fiori e frutta.
Tale tipo di volta non può non ricordare la camera della badessa Giovanna Piacenza, affrescata dal Correggio nel 1522.
E'
infatti il Correggio il referente più diretto del Francesco Mazzola,
tra i pochi a poter vedere il capolavoro parmense, dato che dal 1524 il
convento è divenuto di clausura; gli affreschi del Correggio torneranno
in seguito visibili solo alla fine del '700.
La
piccola sala decorata dal Parmigianino è stata più volte studiata:
vista come una sala da bagno con cui ben si sposa il tema del "bagno di
Diana", oppure legata agli interessi alchemici di Galeazzo Sanvitale, ma
quella che convince di più è la teoria che la vede come un sacrario,
luogo di meditazione e di preghiera per la scomparsa del piccolo figlio
di Galeazzo e Paola.
Gli
affreschi di Fontanellato sono oggi tra le opere più famose del
Rinascimento e raccontano la storia di Diana e Atteone, o almeno così
riportano tutti gli scritti di storia dell'arte.
In
realtà c'è molto di più su quelle pareti, su quell'ambiente decorato
dal Mazzola: traspare evidente il mito narrato da Ovidio nelle
"Metamorfosi" (Libro III, vv.138-253) viene modificato in alcuni
particolari in maniera evidente e chiaramente, sicuramente con finalità
ben precise.
La volta
La
sala (4,35x3,90x3,50 m) è coperta a volta, e si chiude con 14 lunette
sotto cui una cornice in legno laccato e bordato d'oro contiene una
scritta in latino delle Metamorfosi di Ovidio. Gli affreschi si stendono
al di sopra di questa fascia nelle lunette e nella volta.
L'andamento
della volta è sottolineato dall'affresco, che mostra nelle vele
un'architettura aerea interrotta da grandi occhi, attraverso i quali si
intravvede il cielo, e decorata da un finto mosaico. Da qui parte un
pergolato coperto di fronde arboree, che si conclude in una grande siepe
ottagonale di rose, che permette di vedere un ampio squarcio di cielo.
Al centro è uno specchio circolare con la scritta "Respice finem", cioè
"osserva la fine" sulla cornice lignea tonda, che richiama quella che
delimita l'intera parte affrescata. Nei pennacchi della volta si muovono
festosi dodici putti, alcuni alati e altri no, che recano in mano
animali e frutta, si riposano oppure sono in atto di lottare o di
giocare. I piedritti sono conclusi da teste di medusa in stucco,
maschere enigmatiche, con capigliature composte da grovigli di serpenti.
La caccia d'amore
Il visitatore entrando si trova davanti alla prima scena: quella che raffigura due cacciatori, che inseguono una ninfa, anch'essa con il corno da caccia ed un elegante levriero legato con una corda attorcigliata al polso sinistro.
La fonte e Diana al bagno
La narrazione pittorica continua nella parete destra.
Si vede il giovane cacciatore Atteone, che ha sorpreso la dea Diana al bagno, insieme alle ninfe che l'accompagnano.
La dea irritata lo spruzza con l'acqua e il giovane, ancora con l'arco in mano, inizia a trasformarsi in cervo.
La morte di Atteone sbranato dai suoi cani
Nella
parete successiva la terza scna: tra due cani da caccia, un giovane è
concentrato a suonare il corno, mentre Atteone, la cui trasformazione in
cervo è completata, viene sbranato dai suoi stessi cani che non lo
riconoscono.
Paola Gonzaga
L'ultima
parete mostra una figura femminile, circondata da cani, che si staglia
su un paesaggio arrossato dal tramonto e tiene nella destra sollevata
alcune spighe e nella sinistra una coppa su di un vassoio: si tratta di
Paola Gonzaga, moglie del Conte Galeazzo Sanvitale, committente
dell'opera.