Tocai è il mio nome... anzi non lo è più: lo strano caso del San Martino della Battaglia Doc
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30 ottobre 2022
Tocai è il mio nome... anzi non lo è più: lo strano caso del San Martino della Battaglia Doc!
articolo di Aurelio Armio con un prezioso caméo di Adele Gorni Silvestrini, sommelier e esperta di marketing food&wine
“Mi chiamo Tocai… ssshhhh… non ditelo troppo forte il mio nome che altrimenti si finisce tutti in galera. Già, perché dovete sapere che grazie alla cecità di fatiscenti politici un tantino poco testicolati che hanno subito, senza troppo difendermi troppo e men che meno interpellarmi, un accordo tra Comunità Europea e Ungheria, che allora, tra l’altro, nemmeno faceva della UE, che sanciva il divieto assoluto che io mi chiamassi con il mio nome, cioè Tocai. E così dal 2007 io mi chiamo San Martino della Battaglia Doc…
Per carità, non ho nulla contro questo nome, che è anche importante ed evocativo… Ma io sono nato Tocai, e poi, mica sono un cardinale che quando vengo eletto Papa devo cambiare nome, io non lo volevo cambiare il mio nome. Invece sono stato trattato come un pentito di mafia che collabora con la giustizia e quindi gli viene cambiata l’identità e gli viene data protezione. Ma a me chi mi ha protetto? Nessuno! Mi hanno detto: Tu dal 2007 non ti chiami più Tocai!"
"E non è toccata solo a me questa cosa,
sapete? Anche mio cugino, quello del Friuli-Venezia Giulia, anche lui non si
chiama più Tocai, il suo nome nuovo è Friulano… Che tristezza non sembriamo
nemmeno più parenti! Eppure, io vivo qui da secoli… Io c’ero quando si è
combattuta la battaglia di Solferino e San Martino nel 1859 e mi chiamavo
ancora Tocai… Ma il Lugana dov’era allora? Questa è la mia terra, adesso mi
chiamo San Martino della Battaglia, ma il mio DNA è Tocai. Sinceramente più
passa il tempo e più fatico a capire perché mi abbiamo cambiato il nome.
Ho pensato anche che fosse una
rappresaglia dei nostalgici dell’impero austro-ungarico che proprio in mezzo ai
miei vigneti, hanno preso un sacco di legnate. In fondo a pensarci bene sono
conteso tra un sentimento di rabbia e di orgoglio. Già perché, non ricordo se
ve l’ho detto, ma io mi chiamo Tocai, anzi no, San Martino della Battaglia."
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"Sentimento di rabbia, dicevo, perché
non ho più il nome che i miei genitori mi hanno dato alla nascita; sentimento
di orgoglio perché porto nel nome un pezzo di storia del nostro paese, che
guarda caso anche lui allora non si chiamava Italia ma Regno di Sardegna, il
nome glielo hanno cambiato qualche anno dopo… Forse voi non sapete nemmeno che
alcune aziende che mi producono con tanto amore a passione, come proprio fanno
i genitori con i propri figli, sono state teatro di scontri cruenti in quella
epica e importantissima battaglia per la nostra indipendenza: la Cantina Le
Preseglie, ad esempio, è stata palcoscenico di uno dei più feroci scontri,
forse tra quelli decisivi per le sorti della battaglia, tra i Granatieri di
Sardegna e le truppe austriache e poi alcuni fabbricati ancora esistenti
dell’Azienda Vinicola Cobue sono stati all’epoca un punto di primo soccorso per
i feriti. Già perché è proprio con questa battaglia che in pratica ha iniziato
ad esistere quella che oggi è la Croce Rossa… In fondo dai… mi hanno cambiato
il nome… ma per fortuna me ne hanno dato uno nuovo e importante.”
Ecco, penso che se il Tocai… ops… cioè… volevo dire il San Martino della Battaglia Doc potesse parlare, direbbe più o meno le stesso cose scritte qui sopra.
Stiamo parlando di un grande vino davvero, un vino che andrebbe, anzi deve assolutamente essere valorizzato per quello che è realmente. Figlio di una zona di grandissimo interesse non solo per vicende storiche che l’hanno attraversata, ma anche perché parliamo di un territorio straordinariamente votato alla viticultura. Le colline moreniche del lago di Garda sono un’area particolarmente favorita dalle condizioni climatiche create dalla grande massa del bacino del lago e dal conseguente microclima. Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti della DOC San Martino della Battaglia sono ottimali grazie anche all’esposizione su terreni di natura prevalentemente calcareo argillosa.
I vigneti del San Martino sono
distribuiti forse solo su circa 50/60 ettari vitati, non stiamo parlando di una
enormità quindi; sono suddivisi fra pochi produttori, forse solo 7 o 8.
Parliamo di terreni adeguatamente ventilati e luminosi. Insomma, terreni ideali
per la coltivazione dell’ex Tocai friulano, oggi chiamato dialettalmente Tuchì
e ufficialmente San Martino.
I non molti vigneti di questo vitigno sono,
come dire, soffocati dall’ingombrante presenza del Lugana, il vino simbolo del
territorio, il cui consorzio è sicuramente uno dei più importanti e conosciuti a
livello nazionale e internazionale. Di questo vino ha scritto, detto e
raccontato di tutto e di più Luigi Veronelli, un grande eno-gastronomo che ha
saputo leggere il futuro dell’immagine di un viso. Direi che possiamo Veronelli
considerare una specie di papà del Lugana, tanto che a volte mi chiedo: “Ma se
non ci fosse stato Veronelli che agli inizi degli anni ’70 lo ha celebrato
tantissimo, il Lugana oggi sarebbe la stessa cosa?” Oppure mi chiedo ancora: “E
se per caso Veronelli avesse presso sotto la sua ala protettrice il buon
vecchio Tocai, sarebbe cambiato qualcosa? Gli avrebbero imposto ugualmente di
cambiare nome?”
Ma torniamo a noi e al protagonista di
questa storia.
Il San Martino della Battaglia Doc è
un grande vino, lo è davvero.
Nelle colline gardesane l’ex Tocai vive
nel suo ambiente ideale. Su questi colli, talvolta formati da terreni quasi
completamente sassosi, il vitigno si è perfettamente adattato ed esprime il
massimo delle sue potenzialità. Probabilmente a renderlo un grande vino
contribuiscono la bassa quantità prodotta e le raffinate tecniche di
vinificazione dei vignaioli, che personalmente non mi trattengo dal definire “artisti
veri” perché proprio come artisti veri ottengono dalle loro uve vini dalle
piacevolissime caratteristiche aromatiche, cioè in tre parole: “dipinti da
assaporare!”
Come ci raccontava il diretto
interessato all’inizio dell’articolo, dal 2007 l’Unione Europea ha vietato
l’utilizzo del nome “Tocai”, in quanto troppo simile a quello della denominazione
di origine controllata ungherese del vino Tokaji e all’omonima zona di
produzione, oddio sembrerebbe che la denominazione sia valida anche per un vino
simile nella repubblica ceca. La somiglianza è relativa e solo ed
esclusivamente limitata al nome in quanto il Tocai Italiano ed il Tokaji
Ungherese sono completamente diversi come vini. Ma il fatto concreto è e rimane
che dalla vendemmia 2008, non è più consentito utilizzare il nome Tocai nelle
etichette.
La nostra amica Adele Gorni
Silvestrini, prestigiosa sommelier ed esperta consulente di Marketing Food
& Wine, non è solamente una grande esperta di vini e mercato, ma è anche
una grande estimatrice della Doc San Martino e così ci parla di questo nettare:
“Il San Martino della Battaglia DOC, è appunto vino bianco ottenuto per almeno
l'80% da uve provenienti dal vitigno tocai friulano, ora Tuchì, associabile al
concetto di “piccolo tocco” proprio per la conformazione del grappolo, molto
delicata: è un grappolo piccolo e con acini piccoli.
All’olfatto non dobbiamo cercare la
forza d’impatto, ma l’ampiezza degli aromi, che si dispiegano nel calice
lasciando passare qualche minuto. Sorprendono le note agrumate e vegetali
balsamiche, che ritroviamo anche al gusto, dove a stupire sono l’acidità e la
freschezza eleganti, che rendono la struttura alcolica mai ingombrante, mai
invasiva. E poi il tipico finale, piacevolmente ammandorlato.
E’ un vino lento, che va
aspettato, nel calice e nella bottiglia. Nelle sue versioni giovani,
l’abbinamento territoriale ideale è con il pesce di lago, ma sposa ogni tipo di
antipasto, risotti delicati e carni bianche.
Nelle sue annate più promettenti per
equilibrio di corpo, alcool e acidità, e con qualche anno di affinamento, può
arrivare ad accompagnare anche piatti più strutturati.”
Di questo vino ne esiste una versione
liquorosa che ci dona un vino di eccezionale pregio, che evoca profumi del
miele, frutta secca e canditi. Ottimo nei fine pasto abbinato a pasticceria
secca, ma anche con formaggi erborinati o, meglio ancora come vino da
meditazione.
Un vino che è chiaramente figlio
importante di quella porzione di terre gardesane che si distendono tra San
Martino della Battaglia, frazione di Desenzano e Pozzolengo.
Parliamo di uno di quei gioielli che
sono patrimonio dell’enologia italiana, lo potremmo definire una chicca di
nicchia, un vino che deve essere valorizzato e che deve fare a spallate con
quelli che rappresentano questo territorio.
I produttori di questo vino sono
pochi, e a volte sembra quasi abbiano timore a dire che fra le loro etichette
hanno anche il San Martino.
Signori miei producete un grande vino,
sono sicuro che tutti voi ne siate consapevoli, ma quando di produce qualcosa
di speciale bisogna urlarlo al mondo affinché il vostro grido raggiunga tutti.
Dovete fare tutti insieme qualcosa di
importante per un vino che è davvero importante e che inoltre porta con sé il
nome della storia.