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"Sa Pompìa" di Siniscola: l'agrume misterioso

Rubriche > Vino, cibo e dintorni
marzo 2023

Sa Pompìa di Siniscola

Oggi parliamo di un’altra chicca dell’eccellenza agroalimentare della nostra meravigliosa Italia: “Sa Pompìa di Siniscola”, un frutto per alcuni misterioso, altri lo definiscono “frutto mostruoso”, chi più ne ha, più ne metta… o meglio dica. Si tratta di un agrume “misterioso” di cui si hanno testimonianze certe che risalgono a tre o quattro secoli fa, ma naturalmente è ipotizzabile che la sua storia sia molto più antica.
Ma, al di là di come possa essere definito questo frutto, una cosa è certa: è qualcosa di straordinario!
Le sue origini non sono del tutto chiare, nonostante studi e ricerche siano state e vengano tutt’ora fatte. La teoria più accreditata è quella che definisce la Pompìa un ibrido tra cedro e limone, per quanto alcuni studiosi ritengano sia sempre un ibrido, ma tra cedro e pompelmo e altri ancora sostengono che vi sia anche la presenza di arancio amaro. Le certezze che abbiamo su questo dono della natura sono sostanzialmente due: è un frutto straordinario ed è uno degli agrumi più rari al mondo, perché di agrume vero e proprio si tratta.
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Si, è un agrume raro, basti pensare che fino a poco più di vent’anni fa ne esistevano poche centinaia di alberi.
La Pompìa, o meglio “Sa Pompìa”, si fonde con la storia di Siniscola, splendida località sulla costa tirrenica della Sardegna. È una pianta endemica della zona di Siniscola e presente in poche zone della Baronia.
La riscoperta di questo particolare frutto si è avuta verso la fine degli anni '90, quando a Siniscola si è deciso di impiantare una coltivazione estensiva di pompìa, per realizzare un progetto di agricoltura sociale.
L'albero sembrerebbe un arancio ma i suoi rami sono spinosi come quelli del limone e le foglie sono grandi, di forma ovale con apice convesso.
DI sicuro questo frutto, grazie alle sue particolari caratteristiche morfologiche e chimiche è dotato di un’identità propria, che continua ad essere oggetto di studi approfonditi di ricercatori e scienzati riguardo alle sue proprietà e ai suoi usi alternativi.
Gli utilizzi del frutto riguardano solitamente il campo alimentare, ma pregevoli sono anche gli oli essenziali presenti nella scorza dei frutti e nelle foglie, dotati di proprietà distintive. Un’attenzione particolare è stata posta alla propagazione di tipo gamico della pianta di Pompia e la capacità germinativa dei suoi semi, come base di partenza per un’ulteriore analisi relativa alla migliore qualità produttiva.
“Sa Pompìa”, ancora negli anni 2000, non era ancora riconosciuto neppure dalla comunità scientifica, pensate che veniva semplicisticamente chiamato “citrus x monstruosa”, nome che lo indentificava come una sorta di limone mostruoso.
Solamente nel 2004 è nato il Presidio Slow Food de "Sa Pompìa", volto a salvaguardare questo raro esempio di biodiversità siniscolese. Per questo dobbiamo ringraziare la perseveranza e l'unione di produttori che hanno deciso di portare avanti questo progetto.
Il frutto è utile anche come medicamento naturale, per quanto Sa Pompìa è molto buona quando viene cotta, mentre risulta immangiabile da cruda. Con questo agrume, le donne di Siniscola preparano inoltre il tradizionale dolce de “sa pompìa intrea”, custodendo e tramandando gelosamente la sua ricetta all'interno della comunità del paese.
Altri prodotti realizzati grazie a questo agrume sono la marmellata di pompìa, il liquore di pompìa e "s’aranzata thinoscolesa", un dolce tipico dei matrimoni, fatto di scorza candita e mandorle.
Il liquore di Pampìa ha un sapore dolce e retrogusto amarognolo e ha proprietà digestive.
''Sa Pompìa'' è uno dei più grossi agrumi che si conosca: la sua circonferenza, di forma irregolare, può raggiungere i 70 cm di lunghezza, la sua buccia, di colore giallo, si presenta rugosa e ricca di tubercoli, proprio da questo suo aspetto e anche per le sue dimensioni era chiamato frutto mostruoso: pensate che un frutto può raggiungere un peso di 700 gr.
La Pompìa ha un fortissimo legame storico con il territorio in quanto deve la sua sopravvivenza al fatto che nel solo comune di Siniscola questa pianta ha trovato utilizzo nella preparazione dei dolci più tradizionali del paese noti come '' sa Pompìa intrea'' e ''s'Aranzata'', dolci che vengono ancora oggi definiti “dolce esclusivo” anche per la rarità che aveva il prodotto. Un tempo erano dolci riservati a pochi e venivano offerti solitamente in occasioni speciali di festa. Per un certo periodo questo dolce era il regalo più esclusivo e gradito per i testimoni di nozze ed i padrini dei propri figli, sempre stato considerato quasi un bene di lusso, che pochi si potevano permettere poiché la sua preparazione esigeva molte ore di lavoro e ingredienti rari quali il miele e lo zucchero, fatto che ne ha impedito una sua grande distribuzione.
Attualmente la Pompìa viene utilizzata per produrre tantissime preparazioni alimentari, tra cui la panna cotta con Pompìa, granite, gelati, e la marmellata alla Pompìa. Spalmata sulle carni è ottima poiché esalta il contrasto di sapori, inoltre per passare da un piatto all'altro è stato realizzato anche il sorbetto alla Pompìa, e funge anche da dessert, il dolce a fine pasto è un ottimo digestivo, ma anche Pompìa e panna cotta.
Il frutto della Pompìa veniva e viene utilizzato per altri scopi oltre che per quello alimentare. La polpa inutilizzabile in questo senso, veniva usata per lucidare il rame, l'ottone e l'oro in quanto il succo molto acido, corrode le ossidazioni ed è utilizzato anche per la pulizia delle mani in quanto ottimo detergente; inoltre è da segnalare che questo frutto ha delle caratteristiche uniche nelle sua specie in quanto ricchissimo di oli essenziali, i quali ultimamente vengono utilizzati nel campo della cosmesi e dell'erboristeria in quanto la Pompìa è un ottimo ricostituente ed è un rimedio naturale per curare tossi, mal di gola, raffreddori, inappetenze.
La “Pompìa Intrea”
Si tratta di un dolce antico, di complessa e laboriosa preparazione, con tempi di lavorazione lunghissimi. Almeno sei ore di tempo, si inizia grattando via la parte superficiale della scorza in modo che rimanga l'albedo bianco, dopo aver praticato un piccolo foro in corrispondenza del picciolo, la si libera dalla polpa con l'aiuto delle dita o di un cucchiaino, cercando accuratamente di non danneggiare o rompere l'involucro che contiene gli spicchi. Il risultato di questa operazione, che richiede perizia e una grande manualità, è una sorta di palloncino bianco vuoto che viene prima lessato per liberarlo dall'eccesso di acidità e poi immerso in una teglia contenente miele solitamente millefiori.
I frutti ricoperti dal miele vengono poi cucinati a fuoco lento girando di tanto in tanto e riempiendo costantemente di miele l'interno del ''palloncino'' fino a quando non assumerà il tipico colore rosso ambrato. La canditura con il miele smorza l'acidità del frutto mantenendo un sottile e gradevole sapore amarognolo.
Il frutto viene poi confezionato nei barattoli di vetro o terracotta ricoperto con la gelatina di cottura o con del miele nuovo che fa da conservante naturale, conservati poi al riparo da fonti di luce e calore in modo da mantenere inalterate le caratteristiche organolettiche, l'unica cosa che può mutare è il colore che col passare del tempo diventa più scuro.
L'Astrolabio di Swanbook
Redazione: Desenzano del Garda
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