Grotte di Frasassi
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Dire che la nostra Italia è tutta quanta un immenso patrimonio di grande bellezza, dove la natura fa da cornice a quello che secoli di grande storia e di civiltà ha custodito fino ai giorni nostri non è certamente un’affermazione nuova e tantomeno clamorosa.
Sono centinaia i luoghi dove possiamo ammirare cose straordinarie.
Se vi capita di passare nelle Marche, o per una vacanza o per qualsiasi altro motivo vi suggeriamo di visitare un luogo straordinario, Le Grotte di Frasassi.
E non sarà solo la visita a queste meravigliose grotte a farvi stupire e beare della magnificenza della natura.
Il percorso che porta dalla riviera adriatica
a Genga vi farà attraversare il parco naturale regionale della Gola della Rossa
e di Frasassi
Si tratta di un'area naturale protetta
delle Marche e ha la sua sede operativa all'interno del complesso di Santa
Lucia.
Quest’area si estende per oltre 9000
ettari sul versante appenninico della provincia di Ancona.
Il parco interessa direttamente i
comuni di Serra San Quirico, Genga, Arcevia e Fabriano, un territorio ancora
immerso in una natura integra e rigogliosa.
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All'interno del parco si trova anche l'eremo di Grottafucile affacciato sulla Gola della Rossa. Si trovano inoltre il tempio del Valadier e l'eremo di Santa Maria Infra Saxa.
Il borgo di riferimento per questa escursione è certamente Genga, che si distende, circondata da fitti boschi, sulla cima di un colle nell’alta valle dell’Esino, Il borgo è racchiuso tra le mura del medioevale castello.
Genga è famosa per le sue grotte di Frasassi, il più spettacolare complesso di questo genere conosciuto nelle Marche. La cavità maggiore del complesso di grotte è detta Grotta del Vento e si dice che potrebbe contenere il Duomo di Milano.
Ma prima di addentrarsi nelle viscere della montagna per affrontare il percorso aperto al pubblico delle Grotte di Frassassi vi consigliamo di visitare l'eremo di Santa Maria Infra Saxa e il tempio del Valadier.
Merita una visita anche la frazione di Pierosara, a cui è collegata una curiosa leggenda (clicca per leggerla).
Eremo di Santa Maria Infra Saxa
Tempio di Valadier
Naturalmente come ogni località che si
rispetti anche Genga ha i suoi prodotti tipici che possono ingolosire gli
amanti delle prelibatezze delle cucine locali del nostro paese.
Molte trattorie locali offrono specialità
marchigiane e locali come il salame “ciauscolo”, le pappardelle al cinghiale,
la polenta con il ragù di cinghiale, la "crescia" cotta sotto la
brace, le lumache, i "vincisgrassi" e il liquore "mistrà".
Dopo aver visitato un po’ i dintorni e
aver soddisfatto il palato è giunto il momento per visitare il sito per il
quale siamo arrivati a Genga.
Le grotte di Frasassi sono un
complesso di grotte carsiche che formato da una enorme serie di ambienti
sotterranei di cui il primo, visitabile con facilità dal pubblico è l'Abisso
Ancona, una enorme cavità che ha un'estensione di 180 x 120 m ed un'altezza di
200 m.
Questa incredibile cavità è talmente
ampia (oltre 2 milioni di m3 di volume) che al suo interno potrebbe essere
contenuto senza problemi il Duomo di Milano. Tutto
il sito è dal 1972 sotto la tutela del Consorzio Frasassi, costituito dal
comune di Genga e dalla provincia di Ancona, con l'obiettivo di salvaguardarne
e valorizzarne la fruibilità scientifica e turistica.
L'Abisso Ancona
Le grotte sono state aperte nel nel
1974, esattamente dal 1° settembre e fin da subito sono diventate una delle
maggiori attrazioni turistiche delle Marche.
Sono decine di milioni i visitatori
che hanno varcato i grandi portoni che consentono l’accesso alle grotte,
inoltre possiamo aggiungere che è dal 2017 che la Regione Marche ha avviato la
procedura per richiedere all’UNESCO l’inserimento del complesso di Genga tra i
patrimoni mondiali dell’umanità.
La scoperta delle Grotte di Frasassi
(Grotta Grande del Vento) risale al 25 settembre 1971 ad opera di Rolando
Silvestri del Gruppo Speleologico Marchigiano CAI di Ancona, che ne individuò
l'entrata durante la spedizione guidata da Giancarlo Cappanera. Da allora
questa cavità è entrata a far parte del Complesso carsico Grotta del
Fiume-Grotta Grande del Vento di Frasassi che è stato esplorato per uno
sviluppo complessivo di oltre 30 Km.
L'Abisso Ancona
Una prima grande scoperta speleologica
nell'area di Frasassi è data giugno 1948 e negli anni 50 e 60, i gruppi del CAI
(Club Alpino Italiano) di Jesi e Fabriano esplorarono le cavità della zona, scoprendo
nel 1966, una diramazione lunga più di 1 km che parte dalla Grotta del Fiume.
Cinque anni dopo, nel luglio 1971, una
nuova scoperta. Stavolta sono alcuni giovani jesini a trovarsi di fronte ad una
stretta apertura da cui fuoriesce una notevole corrente d'aria. Lavorano per
circa un mese ad ampliare lo stretto passaggio, e il primo agosto successivo aprirono
un passaggio che poi chiamarono la "Strettoria del tarlo".
Scoprirono circa cinque chilometri di
nuove cavità, un insieme di cunicoli, pozzi e imponenti gallerie, all'interno
delle quali trovarono tracce animali conservate nei millenni, ma le scoperte di
un 1971 fortunato non finirono lì.
La scoperta più rilevante ed
emozionante, quella della Grotta Grande del Vento, avvenne il 25 settembre,
quando Rolando Silvestri, speleologico marchigiano Club Alpino Italiano di
Ancona, attraversando le pendici nord del monte Vallemontagnana, scoprì un
piccolo imbocco. Con l'aiuto di alcuni amici riuscì ad aprire un varco in una
piccola sala: fu una piccola delusione, ma subito attenuata della speranza che
ci fosse qualcosa di ben più grande oltre quella piccola sala, perché vi erano
numerose aperture da cui fuoriuscivano correnti d'aria.
Le attività di esplorazione si
intensificarono ad opera del Gruppo Speleologico di Jesi e del Gruppo
anconetano, il primo nella Grotta del Fiume e il secondo nella Grotta Grande
del Vento, con l’intento di trovare una via di comunicazione tra le due cavità
che essi ritenevano dovesse necessariamente esserci.
La faticosa ricerca sarà realizzata
circa due mesi dopo, l'8 dicembre, ma saranno alcuni speleologi del C.A.I. di
Fabriano a portarsi sulle tracce degli speleologi anconetani nella Grotta
Grande del Vento. Essi diedero anche un nome a quel passaggio: "Condotta
dei fabrianesi". Le due enormi grotte diventarono così, d'ora in poi, un
enorme labirinto di ambienti sotterranei che si susseguono incessantemente per
oltre tredici chilometri. Soltanto gli speleologi, con attrezzature particolari
e non senza talune difficoltà, sono in grado di esplorare nella sua interezza questo
stupendo mondo sotterraneo; agli altri non restano che le foto, pur bellissime.
Sul finire del 1972 venne costituito
il "Consorzio Frasassi", con l'obiettivo di salvaguardare e
valorizzare non solo le grotte di Frasassi, ma tutto il territorio comunale entro cui si trovano.
Il Consorzio venne costituito tra il Comune di Genga e la Provincia di Ancona.
Fu costruita una galleria artificiale di oltre 200 metri, che conduceva
all'ingresso della Grotta Grande del Vento, e poi all'interno fu tracciato un
comodo percorso di circa 600 metri.
Si diede incarico a Cesarini di Senigallia
di curare l'illuminazione ed egli lo fece magistralmente.
Si erano così realizzate le condizioni
minime per rendere accessibile ai turisti una delle parti più belle della
Grotta Grande del Vento.
L'apertura risale al 1° settembre 1974; da allora
numerosi turisti continuano a visitare questi luoghi incantevoli in cui possono
apprezzare la bellezza, lo splendore e la maestosità della natura.
Tutto questo lavoro di esplorazione e
ricerca portò alla tanto agognata apertura al pubblico.
Il percorso fu studiato con la massima
cura e nel rispetto dell'ambiente, evitando soprattutto di abbattere le
concrezioni.
Il progetto originale includeva anche
una galleria di ritorno all'aperto che sarebbe dovuta sfociare a livello della
strada da cui si era partiti.
All'interno delle grotte di Frasassi
c'è, per tutto l'anno, una temperatura costante di 14 °C e un'umidità relativa
prossima al 100%.
Nelle cavità carsiche si possono
ammirare delle sculture naturali, formatesi ad opera di stratificazioni
calcaree nel corso di 190 milioni di anni grazie all'opera dell'acqua e della
roccia.
L'acqua, veicolando il biossido di
carbonio nelle rocce calcaree, crea un processo chimico che dà origine
all'idrogenocarbonato di calcio, un sale che esiste solamente in soluzione.
Tale fenomeno determina il trasferimento di piccole quantità di carbonato di
calcio da un posto all'altro e, nel corso di uno stillicidio che dura millenni,
finisce per formare delle concrezioni di notevoli dimensioni e di forme
completamente casuali e a volte anche curiose. Le concrezioni si dividono in
stalagmiti (colonne che crescono progredendo dal basso verso l'alto) e
stalattiti (che invece scendono dal soffitto delle cavità).
La sala delle candeline
Le forme e le dimensioni di queste
opere naturali hanno stimolato la fantasia degli speleologi, che dopo averle
scoperte le hanno "battezzate" denominandole in maniera curiosa.
Tra le stalattiti e le stalagmiti più
famose ricordiamo: i "Giganti", il "Cammello" e il
"Dromedario", l'"Orsa" (un masso che a seguito della
millenaria erosione ha assunto la vaga forma di un orso), la
"Madonnina", la "Spada di Damocle" (la stalattite più
grossa, di 7,40 m di altezza e 150 cm di diametro), le "piccole cascate
del Niagara", la "Fetta di pancetta" (di colore rosa chiaro) e
la "Fetta di lardo" (completamente bianca, per via della calcite),
l'"Obelisco" (stalagmite alta 15 metri al centro della Sala 200), le
"Canne d'organo" (concrezioni conico-lamellari che devono il loro
nome al fatto che se vengono colpite dall'esterno risuonano), il "Castello
delle streghe".
Cascate del Niagara
I giganti
All'interno delle grotte sono presenti anche dei laghetti in cui ristagna l'acqua dello stillicidio e dei "pozzi", cavità cilindriche profonde fino a 25 m che possono raccogliere l'acqua o convogliarla verso piani carsici inferiori.
Nelle grotte non penetra in alcun punto la luce naturale superficiale, pertanto l'illuminazione è completamente artificiale e utilizza solo luci bianche fredde, cioè che non producono calore verso le concrezioni (come già detto la temperatura è costante). Le uniche luci non di questo tipo sono quelle azzurre usate per mettere in evidenza i pozzi e i laghetti.
Canne d'organo
Castello delle streghe
Obelisco
Santa Barbara
Nel
complesso delle grotte sono state censite ben 67 specie di animali, alcune
delle quali endemiche di questo ecosistema ipogeo.
Sono presenti decine di specie diverse
di pipistrelli, mentre tra gli anfibi sono segnalati il geotritone italiano
(Speleomantes italicus), la salamandrina dagli occhiali (Salamandrina
terdigitata) e il tritone italiano (Lissotriton italicus). Ma nei laghetti
vivono anche degli invertebrati, tra loro possiamo citare la presenza del
Niphargus ictus, un piccolo crostaceo troglobio che vive nelle pozze di acqua
sulfurea.
Uno dei tanti pozzi naturali
Niphargus ictus
Tritone italiano
Vi lasciamo con un consiglio: non lasciate che questo rimanga solo un viaggio virtuale nelle pagine del nostro magazine.
Organizzate una visita in questi luoghi, molti li conoscono già, ma la tantissimi non ancora.
Le Marche sono una terra fantastica, non è solo mare, l'entroterra è sostellato di decine di borghi mediavali arroccati sul crinale dei colli. La natura è fantastica.
I marchigiani sono accoglienti, laboriosi e ospitali e saranno lieti di farvi sentire come a casa vostra.