Costanza Marana: "Siamo parte di un continuum"
Rubriche > Francesca e dintorni
2022-06-22
LA
SCRITTRICE COSTANZA MARANZA: “SIAMO PARTE DI UN CONTINUUM”
Di Francesca
Ghezzani
Dopo il
primo libro “Rêverie di una vita in terza persona” uscito lo scorso anno, la
scrittrice Costanza Marana ha dato vita all’opera “Il crepuscolo del sogno”, pubblicato
nuovamente dall’Erudita Editore e dal forte potenziale visivo.
Costanza, da
quali riflessioni è nato questo secondo libro?
Questo secondo libro, Il crepuscolo del sogno, è nato in quel momento particolare del
giorno in cui la luce è diffusa e soffusa dopo il tramonto, il crepuscolo. Qui
il nostro dialogo interiore è vivido e prende vita la ricerca di ciò che è
invisibile e intangibile. Le riflessioni di questo mio ultimo manoscritto
contemplano tutto l’universo emotivo umano, in tutte le sue sfumature e
increspature. In particolare il rapporto dell’individuo con il fato, la
tensione versa la bellezza del creato e della natura, l’eternità dell’arte, la
poetica del quotidiano.
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Parli, o
meglio, intitoli proprio un capitolo “Raccoglimento ancestrale”. Che cosa
significa?
In questo capitolo, il protagonista Aurelian, dopo la
perdita di una persona cara, ritrova il sentiero verso la bellezza attraverso il
contatto con l’arte, in particolare il Rinascimento. Egli viene ricondotto al
suo passato, alla sua memoria, attraverso la visione in particolare dell’opera
l’Annunciazione del Beato Angelico. Aurelian si abbandona nel grembo della
Vergine rappresentata come in un raccoglimento ancestrale, primigenio, che custodiva
l’universo intero.
Che rapporto ha
il protagonista, Aurelian, con l’arte?
Aurelian è un mercante d’arte della città di Arles.
Egli concepisce l’arte come un continuum. Egli erge la sua esistenza contemplando
il passato, tendendo costantemente, senza respiro, alla bellezza eternabile,
racchiusa nel mondo dell’arte. Egli filtra ciò che lo circonda attraverso l’intelletto
e prende consapevolezza del Bene e del Male osservando lo splendido Giudizio
Universale scolpito sul portale di S. Trophime, cattedrale di Arles. Arte come
tensione e arte come rifugio per sublimare le difficoltà della contingenza.
Arte come giogo e come gioco in cui egli si sente inscritto.
Durante la
lettura delle tue pagine mi sono soffermata a riflettere sulla poetica del
vero, del verisimile, del male, dell’onore. Come sono suddivisibili questi
concetti e come si conciliano con il modus
vivendi del personaggio di Anaëlle?
Anaëlle è la madre di Aurelian e forgerà suo figlio a
un “costituzionalismo poetico”, ovvero alla poetica di ciò che è vero e ciò che
può apparire vero. Ella gli insegna come la poesia sia strettamente incatenata
al Reale, di come l’individualismo creativo dell’uomo a volte fugga nell’era
celeste e profonda in poemi e componimenti. Anaëlle educa suo figlio a una
classificazione del vero e del verisimile, di ciò che è onorevole e ciò che è
deprecabile. Ella suddivide questi concetti in categorie al fine di
semplificare l’accettazione di ciò che la circonda.
Inoltre, mi
piacerebbe tu ci facessi conoscere più da vicino la figura dell’amico Arnaud…
Arnaud è il migliore amico di Aurelian. È una costante
della narrazione. Egli è differente da Aurelian per idee progressiste,
volubilità di intenti e perché schiavo del tempo e dei suoi vizi. A differenza
di Aurelian che invece voleva sfuggire alla contingenza e ricercare la bellezza
dell’eterno.
In chiusura, la
memoria e il passato sono qualcosa di cui l’uomo si scorda troppo presto?
Noi siamo perché siamo stati. Ripeto spesso che è
secondo me errato comportarsi da autoreferenziali in rottura con la memoria.
Siamo parte di un continuum. Omaggiare, citare i grandi del passato è un
dovere. Siamo umanisti e l’etica romantica non è né dissolta né
contestualizzabile esclusivamente. Ognuno di noi dovrebbe guardare al mondo classico
e prenderne nutrimento e bellezza. Andare avanti volgendo lo sguardo sempre al
passato.