Passeggiando per Venezia nel 2021 (di Fabiola Orsini)
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Cosa si può dire di originale su Venezia, unanimemente considerata uno dei luoghi più belli e caratteristici al mondo? Patrimonio dell’UNESCO, meta tra le più ambite da qualsiasi tipologia di turista, romantica oltre ogni limite (a mio modesto parere anche più di Parigi), semplicemente una “chicca” unica.
Ho avuto la fortuna di visitarla diverse volte, nonostante abbia visto molte delle città più belle al mondo, devo dire che nessuna regge il confronto, ed ogni volta è una magia.
In ogni stagione un fascino diverso, da quello in corrispondenza del famoso carnevale, dove tutto si trasforma in sfarzo, eleganza e colore, passando per il periodo dedicato al Festival cinematografico, durante il quale diventa molto facile imbatterti per caso in un incontro vip, alle feste di Natale e Capodanno.
Nel mio ultimo viaggio, intrapreso da sola in occasione della riapertura dei musei, l’intento era quello di visitare una Venezia “non convenzionale” e più autentica.
Alla mia lista di luoghi da visitare mancava ancora Palazzo Venier dei Leoni, sede della collezione Peggy Guggenheim, uno dei più importanti musei d’arte contemporanea d’Europa, affascinante anche per l’ambientazione, con affaccio diretto sul Canal Grande.
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Opere di grande prestigio e
bellezza che vanno dal surrealismo all’astrattismo, inserite in un ambiente
“libero” dagli schemi del classico museo, rilassante ed elegante. Proprio come
voleva la proprietaria di tale collezione, grande donna dall’immenso carisma e
gusto, una personalità importante che ha contribuito nel dopoguerra a dare un
volto nuovo a quella che era il concetto di arte in Italia.
Con il suo motto “Comprare un quadro al giorno”, Peggy investì anima e portafoglio in un’idea di innovazione e progresso, incentivando artisti sconosciuti, in un periodo, quello del dopoguerra nel quale personalità del genere erano ancor più indispensabili (un po' come lo sarebbero adesso).
Riuscì nel suo intento la Guggenheim, e scelse in particolare Venezia, città della quale si era immensamente innamorata, trasferendosi qui da New York, sua città natale, nel 1947 e nella quale decise di restare per sempre. “Io non sono una collezionista, io sono un museo”, diceva e così è stato.
Nel mio secondo giorno a Venezia volevo concentrare la mia visita sulla zona circostante il Ponte di Rialto, così, di mattina abbastanza presto, ho deciso di raggiungere tale luogo in vaporetto, approfittando anche della tranquillità del momento storico, per godermi il paesaggio.
Mentre ero seduta vista Canal Grande, notavo molte signore, giovani e meno giovani, salire con la classica borsa trolley per la spesa. Niente di interessante, se non fosse stato per la mia innata curiosità.
Sentendo i vari discorsi per lo più in dialetto che, fortunatamente, capisco abbastanza bene, ho individuato il luogo dove tutte si dirigevano: al mercato. Grazie poi al vantaggio della tecnologia ho scoperto la particolarità di tale mercato. Scesa dal vaporetto ho deciso di fare una deviazione di percorso.
“Il mercato di Rialto” si
trova al pian terreno di un elegante palazzo in stile neo-gotico, ed è dedicato
al pesce, uno dei più antichi di Venezia, con una storia turbolenta ed
affascinante.
Vista l’ambientazione, non è
frequentato soltanto dai cittadini bensì anche da turisti e curiosi che si
ritrovano a passeggiare tra i banchi alimentari immersi in uno scenario che
rende piacevole anche un semplice giro deputato alla spesa quotidiana.
I colori sembrano inserirsi perfettamente nel paesaggio,
alzando gli occhi verso il soffitto si notano i capitelli delle colonne che
caratterizzano il palazzo raffiguranti tutti immagini dedicate al mondo della
pesca, l’architettura in generale rende tutto “non banale”, gli archi a sesto
acuto che circondano parzialmente il perimetro del palazzo oltre i quali si può
scorgere Canal Grande donano a questo luogo quell’eleganza tipica di Venezia.
In altre parti del mondo è usanza far visitare ai turisti
i mercati alimentari, per mia esperienza personale però posso dire che non
sempre il tour è così piacevole.
Dopo questa breve deviazione
di percorso, ho proseguito la mia camminata verso la meta che avevo programmato
e prenotato in anticipo.
Sotto consiglio dei proprietari
del B&B dove soggiornavo, mi sono diretta verso Fondago dei Tedeschi,
palazzo nel sestiere San Marco vicino al ponte di Rialto.
Un palazzo che affaccia sul
Canal Grande da sempre dedicato al commercio, con un’architettura lineare
rispetto a quella in stile veneziano, diversità dovuta ad una ricostruzione a
seguito di un incendio nel lontano 1500, alla quale parteciparono artisti
importanti dell’epoca quale Giorgione ed il suo giovane allievo Tiziano. Ex
sede delle poste italiane, dal 2016 aperto al pubblico come centro commerciale,
oserei dire, di lusso.
La mia intenzione non era
quella di fare shopping bensì di salire fino al quarto piano dove sapevo di
trovare una terrazza dalla quale si poteva vedere tutta Venezia…uno spettacolo
unico e gratis, da vedere assolutamente.
Dopo aver fatto file
interminabili, in altre occasioni, per salire sul campanile di San Marco, posso
dire che anche questa è una valida alternativa per vedere la città da un’altra
prospettiva, bellissima in qualsiasi momento del giorno ma al tramonto,
suppongo, raggiunga il suo apice di meraviglia.
Ultima meta del mio viaggio
alla scoperta di una Venezia nascosta è stata la “Libreria Acqua Alta”.
Avevo sentito parlare della
sua particolarità ma il vederla dal vivo è stata totalmente un’altra cosa.
In Calle lunga Santa Maria
Formosa, poco distante da quello che è il centro della città, ho potuto
scoprire questo autentico “museo” di libri, che definire un “mercatino in stile
vintage” è a dir poco riduttivo.
Volumi disposti in modo assolutamente unico, rispecchiando in pieno quella che
è l’anima del luogo in cui si trova, colori capaci di entrare in armonia con il
paesaggio, con quel canale che nei periodi di piena invade il pavimento.
Non semplici scaffali, ma
vasche da bagno e barili piene di cataste di libri senza un ordine preciso, con
al centro della libreria una gondola invasa anch’essa da libri. Luogo non convenzionale,
apprezzabile solo da coloro che hanno la capacità di vedere oltre i canonici
schemi, andando oltre il velo dell’apparenza e cogliendo l’anima ed il senso di
qualcosa che apparentemente non lo possiede. “Immergersi in un libro…o in
centinaia” questo è ciò che ho pensato con mia grande soddisfazione. Non avevo dubbi che avrei
trovato lì più di un titolo interessante da acquistare, sarei restata lì per
tutto il giorno ma, come sempre, le cose belle finiscono e lo era anche il mio
tempo a disposizione.
Resoconto di questo viaggio: Ho
visto la Venezia non convenzionale che cercavo e, con mia grande sorpresa mi
sono ritrovata a dover considerare la mancanza anche di una costante, che ormai
davo per scontata.
Come si suol dire, cerchiamo
di apprezzare il lato “positivo” di ogni cosa. Ebbene, ho potuto assaporare il
fascino di una Venezia autentica e spoglia delle migliaia di turisti che
affollano in condizioni normali questa come ogni altra città d’arte del nostro
paese.
Lungi da me affermare che
questo sia un bene, anzi, economicamente è noto il danno provocato al settore
turistico in questo ultimo anno, ma, da viaggiatrice/esploratrice quale sono,
più che da turista, mi sono sentita in qualche modo fortunata ad avere avuto la
possibilità di passeggiare in Piazza San Marco, sedersi sulle scalinate di fronte alla Basilica e rilassarsi guardando la
Piazza semivuota che appariva ai miei occhi ancor più immensa e maestosa di
come la ricordavo.
Passeggiare tra le
calli senza la calca di turisti che ti obbliga a dover camminare velocemente verso una meta o l’altra, poter
chiacchierare con i gondolieri, con i commercianti, salire sui vaporetti senza
sentirti soffocare, entrare nei musei senza dover fare code interminabili.
Tutto questo durante il periodo migliore dell’anno, con il sole, il caldo non
eccessivo e le lunghe giornate di inizio estate.
Quando ricapiterà qualcosa del
genere? Speriamo tutti mai più, ma, nel frattempo, sarebbe il caso di goderci
questo nostro bel paese che, per un periodo che sia il più limitato possibile,
è tornato ad essere solo nostro, e non ha niente da invidiare a nessun’altro
posto al mondo.