Cristalda e Pizzomunno: La leggenda dell'amore
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Cristalda e
Pizzomunno: la leggenda dell’amore.
Una delle
leggende più magiche e popolari del Gargano, la leggenda di un amore puro e
inarrestabile, un amore sovrastato dalla gelosia e contrastato da malvagie sirene
che arrivando ai giorni nostri è stata anche protagonista di una canzone di Max
Gazzè presentata al 68° Festival di Sanremo.
Una leggenda
pugliese che risale forse al XV° secolo, ma che trova radici in tempi
remotissimi.
Siamo a Vieste,
lo splendido borgo della costa garganica, dove il mare cristallino bacia la
costa e le spiagge e i colori del tramonto trasformano questi luoghi, luoghi
ideali per essere palcoscenico di una struggente storia d’amore.
Ancora oggi
camminando sulla splendida spiaggia, magari mano nella mano con la persona
amata, non si può non rimanere affascinati e incantati dall’imponente monolito
bianco che è conosciuto con il nome di Pizzomunno: un faraglione alto 25 metri
che si staglia orgoglioso e potente, un gigante che nelle notti di Puglia si illumina dei raggi della
luna come se fosse abitato dall’anima luminescente di un fantasma intrappolato
dentro di lui.
Ed è proprio
da questo gigante che prede spunto la leggenda: Pizzomunno un giovane
imprigionato nel monolito, un giovane impetuoso ma impotente, immobile e
disperato.
Stiamo
parlando della leggenda di Cristalda e Pizzomunno, una leggenda che è finita
anche per diventare una canzone dei nostri tempi.
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Come stavano
dicendo, la vicenda di questo amore assoluto si svolge a Vieste, in un tempo
che non è ben definito, come del resto le tradizioni popolari suggeriscono: le
leggende sono eterne, non hanno luogo, non hanno tempo e non hanno spazio,
viaggiano con le parole nella memoria delle genti e grazie alle genti vengono
tramandate nel tempo.
Ma chi sono i
due eroi romantici di questa dolcissima storia?
Nell'antichità
la popolazione di Vieste era per lo più composta da pescatori, i quali vivevano
in capanne al limitare del mare per facilitare il trasporto del pescato dalle
loro barche. Tra questi pescatori, spiccava per la sua forza, bellezza e
vigore, il giovane Pizzomunno. Tutte le ragazze del villaggio non avevano occhi
e attenzioni che per lui.
Alto,
affascinante, di buon animo, non si faceva irretire dal corteggiamento delle
sue coetanee. Il suo cuore era solo per il mare, che solcava ogni giorno con la
sua barca, e per Cristalda, la più bella del villaggio: i capelli biondi come
il sole, la pelle color delle rose e gli occhi del colore del mare.
Anche il cuore
della fanciulla era solo per lui.
Un sentimento
in tutto e per tutto contraccambiato, puro.
I due giovani
si erano incontrati sulla spiaggia e subito si sono innamorati, quella spiaggia
era diventata il loro luogo d’incontro e i due si vedevano stringersi e
amoreggiare in riva al mare tutte le sere.
Quando
Pizzomunno rientrava con la sua barca la giovane era già li ad aspettarlo.
Un amore
indissolubile che suscitava invidia nelle ragazze del villaggio… e non solo.
Quei luoghi
sono magici, il mare è popolato da malvagie sirene che con il loro canto e le
loro sinuose sirene attirano i pescatori per portarli nelle profondità degli abissi
per trattenerli sempre con loro.
Durante le sue
battute di pesca, infatti, Pizzomunno doveva affrontare ben altri pericoli
oltre alla forza del mare e i suoi flutti capricciosi.
Ogni giorno,
ammaliate dall’imponente bellezza del giovane, un gruppo di sirene cercava di
irretire Pizzomunno con i loro canti e le loro movenze sinuose, promettendogli
di diventare sue serve, di donargli la vita eterna, di farne il re del loro
magico regno.
Ma Pizzomunno aveva
occhi e cuore solo per la sua Cristalda: l’amore che legava i giovani innamorati era
così forte da resistere ai tranelli delle sirene e farlo tornare sempre casa
sano e salvo. La sua passione per la fanciulla era così potente da rendere vani
gli sforzi di quelle incantatrici, rendendolo sordo al loro canto ammaliatore,
cieco e indifferente alla bellezza dei loro corpi nudi, che generosamente gli
mostravano tra le onde, per adularlo, provocarlo, prenderlo per sempre.
Alle loro
tentazioni Pizzomunno rispondeva sempre che il suo amore per Cristalda non
poteva finire, nemmeno dopo la loro morte.
Quando se ne
stava seduto sulla spiaggia abbracciato a Cristalda, guardando verso il mare nelle
calme notti d’estate, al solo sentire il canto delle sirene in lontanaza,
Pizzomunno rideva, le compativa.
Ma l’ira di
una sirena non si può compatire, si può solo temere.
Rifiutate e
offese da quello ‘presuntuoso’ Pizzomunno che vanificava sempre i loro sforzi
per irretirlo, le sirene decisero che il suo affronto, e quell'amore così puro
che aveva per la sua amata, andava punito.
Risolute e sdegnose
escogitarono una terribile vendetta per porre per sempre fine all'amore tra i
due amanti.
Una notte, che
sembrava come tutte le altre, i due innamorati se ne stavano abbracciati in
riva al mare a guardare le stelle, ignari del pericolo che di lì a poco si
sarebbe abbattuto su di loro.
Le sirene risalirono
dalle profondità degli abissi e arrivarono sulla spiaggia, si avvicinarono ai
due amanti e, con un guizzo, strapparono con forza la bella Cristalda dalle
braccia di lui, incatenandola e trascinandola con loro in fondo al mare.
Invano
Pizzomunno si lanciò all'inseguimento delle sirene, ma la rabbia e la
stanchezza, a poco a poco, prosciugarono le sue forze.
La
disperazione per aver perso Cristalda lo assalì e alla fine lo pietrificò ...
bloccato, inanimato ... trasformandosi per sempre in quell'imponente faraglione
davanti alla spiaggia di Vieste.
Alla vista
dell'amato pietrificato in un enorme roccia, immobile, Cristalda incatenata e
straziata, si mise a piangere e c’è chi dice che si trasformò in un corallo
rosa, dalla cui cima uscivano lacrime e lamenti.
L'improvvisa
trasformazione del giovane e il pianto disperato di Cristalda colpirono
profondamente le sirene, che chissà per quale strano impulso di bontà, si
resero conto del dolore che avevano provocato e s'impietosirono di fronte alla
forza di un simile amore.
Si resero
conto che nonostante fossero riuscite a separare quei due giovani, ogni cosa in
quella spiaggia era intrisa della forza del loro amore: dal mare alla spiaggia,
per giungere fino al cielo, tutto continuava a parlare di loro. Così le sirene
concessero loro di potersi riabbracciare di nuovo, ma soltanto per una notte,
ogni cento anni.
Da allora ogni
cento anni, e per una notte soltanto, Pizzomunno ritorna umano e Cristalda
riemerge dagli abissi del mare, in modo da potersi riabbracciare ed amarsi
sulla loro amata spiaggia.
Da allora
questa struggente e appassionata leggenda d’amore è sempre nella memoria della
gente del posto e dei navigatori.
C’è chi dice
che a volte il monolito scompaia inspiegabilmente.
C’è chi si
convince che navigando di notte e non trovandoselo a portata di occhi, sostiene
che Pizzomunno deve essere finito altrove e non di fronte a Vieste, dove è
sempre stato.
Un fatto
misterioso, che potrebbe invece avere una spiegazione al suo essere o non
essere… lì.
E se anche voi,
passeggiando su quella spiaggia nella notte del 15 agosto vi sembra che
Pizzomunno non sia dove dovrebbe essere, allora vuol dire che quella è una
notte d’amore, di compassione e di passione; una notte speciale in cui i due
amanti ricongiunti si stringono, consapevoli che all'alba torneranno ad essere
divisi per altri cento anni.
Pensate che
questa fantastica storia è diventata una canzone, composta da Max Gazzè e suo
fratello Francesco.
Il testo di
questa canzone contiene una variante della leggenda, meno conosciuta della
leggenda che viena trasmessa più frequentemente.
Questa
variante narra Cristalda fosse anch’essa una sirena e che il suo amore,
contraccambiato dal bel Pizzomunno, avesse scatenato l’invidia e lo sdegno
delle sorelle, le quali, ingelosite dalla purezza del loro
amore, trasformarono il giovane in una roccia, permettendo ai due di potersi
ricongiungere solo per una notte ogni cento anni.
Al faraglione
di Pizzomunno è legata anche un’altra peculiarità: si dice che girando attorno
al macigno ed esprimendo un desiderio, questo si avveri.
Le leggende
popolari sono certamente un enorme patrimonio della nostra cultura delle nostre
radici, e perché no, della nostra storia, non dovremmo permettere che vadano
perse o dimenticate e forse, anche se può apparire banale a molti, noi vorremmo
ringraziare Max Gazzè, suo fratello Francesco e Francesco De Benedettis
(coautori del testo del brano) per aver portato sul più famoso palco della
canzone italiana e a conoscenza di tante persone, una storia legata alla
tradizione, all'amore, al territorio, alle nostre radici.
la stele ceramica con il testo della canzone di Gazzè