Forugh Farrokhzad: la poetessa persiana più pubblicata
Arte e Cultura > Personaggi
È considerata all’unanimità la più importante
poetessa persiana del Novecento.
Infatti le sue liriche hanno sfidato il
bigottismo delle autorità religiose e il conformismo letterario e sociale della
Persia all’epoca dello Scià.
Ma per l’Iran di allora fu sempre “la ribelle”
scandalosa, censurata all’epoca e censurata ancora oggi.
Peccato
Ho peccato, peccato, quanto piacere
nell’abbraccio caldo e ardente ho peccato
fra due braccia ho peccato
accese e forti di caldo rancore, ho peccato.
In quel luogo di buio silenzio
appartato
nei suoi occhi colmi di segreti ho guardato,
nel palpito del petto furioso il mio cuore
tremava nei suoi occhi di desiderio in preghiera. (…)
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Forugh Farrokhzad nacque a Teheran il 5 gennaio
1935. Fin da ragazzina seguì gli studi per diventare disegnatrice di moda e
pittrice. A diciassette anni si sposò ma cominciò subito a scrivere versi
poetici. In particolare nel 1952, poco dopo il matrimonio, pubblicò la sua
prima opera “Prigioniera”.
DONO
Io parlo dagli abissi della notte.
Io parlo dagli abissi dell’oscurità,
Dagli abissi della notte.
O amico, se a casa mia vieni, reca
per me la luce
E uno spioncino,
Acché io guardi la calca del vicolo
felice, attraverso. (…)
In effetti visse un grande amore ma decise di
divorziare dal marito e per questo fu costretta a lasciare il loro bambino.
Come conseguenza non potè rivederlo mai più. Nonostante tutto cercava la
libertà, l’essere donna consapevole e indipendente, anche a costo di convivere
con la solitudine. La sua fedele compagna fu la scrittura
in versi, che la portava a vivere la vita
oltre l’apparenza, oltre le gabbie del silenzio, oltre le mura dell’oblio.
LA CONQUISTA DEL GIARDINO
Quel corvo che volò
Sopra di noi
E s’inabissò nel pensiero agitato di
una nuvola vagabonda,
Il cui grido, come una corta lancia,
percorse tutto l’orizzonte,
Porterà la notizia di noi in città.
(…)
Perciò cominciò a viaggiare, in Germania, in
Italia, in Inghilterra. Nei suoi soggiorni incontrò uomini di fama
internazionale e trovò ispirazione per raccontare la sua Persia, anche
attraverso documentari e film che lei stessa girò.
In particolare i suoi versi, come la raccolta
“La strage dei fiori”, raccontano la vita, l’amore, la gioia e la bellezza
dell’essere donna, ma anche le problematiche sociali nascoste. Fece scalpore
nel 1963 il documentario dal titolo “La casa nera” che Forugh realizzò per
portare alla luce la tragica condizione dei lebbrosi in Persia.
Saluterò di nuovo il sole
Saluterò di nuovo il sole,
e il torrente che mi scorreva in petto,
e saluterò le nuvole dei miei lunghi pensieri
e la crescita dolorosa dei pioppi in giardino
che con me hanno percorso le secche stagioni. (…)
Ma poi… Quel freddo giorno di febbraio del 1967
la vita di Forugh se ne volò via, scivolando come un airone su quella maledetta
lastra di ghiaccio che divenne sudario e tomba. Uscì di strada con la sua auto
e morì a soli 32 anni.
Oggi è la poetessa persina più pubblicata
e tradotta. In assoluto la più amata. Simbolo di tutte le donne che non si
sottomettono al potere. In conclusione Forugh aveva descritto un mondo
sull’orlo della Storia, senza sapere che di lì a un decennio quel mondo
millenario sarebbe scomparso, con l’esilio dello Scià il 16 gennaio 1979 ad
opera di Khomeyni.