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Monti Iblei - Flora e fauna

Rubriche > Itinerari e luoghi e altro
Il complesso montuoso dei Monti Iblei è costituito da un massiccio calcareo-marnoso che si distende tra le province di Ragusa e Siracusa, sfiorando appena quella di Catania, con una forma sub-circolare attorno al monte Lauro, la cima più elevata, dal quale si diramano a raggiera propaggini verso ogni direzione.
Originariamente gli Iblei erano un complesso vulcanico sottomarino, risalente a milioni di anni fa.


Alcuni  millenni fa nel territorio ibleo esistevano numerose foreste di  latifoglie e vaste aree ricoperte da macchia mediterranea.
Le  attività antropiche hanno però progressivamente modificato gli ambienti   naturali originari, che oggi si possono trovare solo nelle “cave” e  nei luoghi incoltivabili.
I pochissimi frammenti superstiti dell’antica foresta che copriva il territorio ragusano, come i pini d’Aleppo di Vittoria e la Macchia Foresta del fiume Irminio, sono oggi custoditi gelosamente, assieme ai muri a secco, alle vecchie masserie ed alle “trazzere” (stradelle interpoderali in terra battuta delimitate dai muretti di pietra).
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La zona costiera della provincia di Ragusa è caratterizzata dall’alternanza di incantevoli spiagge e anfrattuosi scogli.
La vegetazione dunale è costituita dalla gramigna delle spiagge, dagli eringi marini, dagli eleganti gigli marini (Pancratium maritimum) e da altre piante xeromorfe, che con la loro presenza consolidano e fissano le sabbie delle dune.
Negli incolti collinari crescono, invece, interessanti piante alimurgiche (dal latino alimonium = nutrimento e urgentia = necessità).
Nel passato il consumo di verdure selvatiche nasceva da uno stato di necessità, oggi la fitoalimurgia riveste un ruolo diverso: non più necessità alimentare, ma nuovo interesse per gli alimenti naturali ricchi di principi nutritivi (vitamine e sali minerali) e protettivi (flavonoidi e carotenoidi). Fra le specie più ricercate ricordiamo: la cicoria selvatica, la senape  canuta, la borragine e l’asparago selvatico.  
L’Asparagus acutifolius presenta fusti erbacei eretti, eduli, e fusti adulti legnosi arcuato-ricadenti. Rami aghiformi, corti e pungenti, simili a foglie, detti cladodi, riuniti in fascetti all’ascella delle foglie.
L’asparago, che contiene asparagina, ha proprietà diuretiche ed è quindi indicato per tutti i disturbi associati alla ritenzione di acqua.
I germogli primaverili, i turioni, sono molto ricercati per preparare risotti, condimenti e soprattutto  prelibate frittate dette “pisci r’ova”.
I rametti non ancora lignificati (a sparacogna) venivano utilizzati, nel passato, per la preparazione dei tradizionali presepi domestici.
Nelle “cave”, veri e propri canyons scavati dalle acque nelle rocce calcaree, si conservano interessanti nicchie ecologiche dove si sviluppa una folta flora a base di platani orientali, lecci, palme nane, tagliamani (Ampelodesmos tenax) e piante aromatiche (origano, timo, cappero e nepetella).
Il timo (thymus capitatus) è un frutice nano dal forte profumo aromatico con fiori  di colore rosa-rosso. Le foglie contengono un olio essenziale con proprietà antisettiche e deodoranti. Le proprietà antisettiche, dovute principalmente al timolo, sono utili per disinfettare l’albero respiratorio e l’intestino. In campo alimentare è molto utilizzato per le proprietà aromatizzanti.
Molto apprezzato è il miele di timo, già noto nell'antichità e citato da poeti greci e latini.
timo in fiore
fiore di cappero
Il tagliamani (u tagghjamani) ha foglie resistenti, estremamente ruvide e fortemente costate. L’infiorescenza è una pannocchia riccamente ramificata, con spighette pendule.
La pianta, nel passato  veniva utilizzata dai contadini per produrre cordami (liama).






La palma nana (Chamaerops humilis) ha un portamento cespuglioso, le fronde palmate divise in dieci-venti lacinie. Il fogliame, molti anni fa, veniva utilizzato per produrre resistenti scope da utilizzare nei basolati e nei cortili delle masserie.
u tagghjamani
palma nana
colubro leopardino
In un ambiente così selvaggio e tutelato come quello degli Iblei, si sviluppa anche una ricca fauna rappresentata da animali tipici della macchia mediterranea come la volpe, il coniglio, la donnola e il colubro leopardino (Zamenius situla), della famiglia delle colubridae, si tratta di un rettile non velenoso.
La vegetazione ed il paesaggio dei colli ragusani hanno subito forti modificazioni ad opera dell’uomo e degli animali domestici. All’interno dei cespugli è possibile trovare qualche colubro lacertino (Malpolon monspessulanus) il più grosso rettile europeo, lungo circa due metri, ricordato in molte leggende col nome di “culorva”.
Questo rettile è leggermente velenoso, ha un corpo muscoloso e dal diametro importante, e un aspetto minaccioso.
il suo veleno comunque non ha la tossicità di quello della vipera.
colubro lacertino
La Cava d’Ispica

Si tratta di una vallata fluviale che per 13 km incide l'altopiano ibleo.
Oltre a conservare un notevole patrimonio floristico, ques'area è un importante sito archeologico.
Qui trovimo necropoli preistoriche, catacombe cristiane e diversi nuclei abitativi di tipologia varia.
grotte in Cava d'Ispica
trota macrostigma
Il fiume Irminio fra le sue sponde ospita il platano orientale, il bagolaro e il frassino, mentre le sue acque sono abitate da trote ed anguille.
Man mano scendendo lungo il corso d'acqua si cominciano a vedere canne e specie cespugliose che formano la “Macchia Foresta dell' Irminio”, soprattutto lentischi arborei e ginepri.
Durante il periodo delle migrazioni nella Macchia sostano uccelli molto belli come l'airone cinerino e la garzetta.
Il Tellesimo, un breve affluente del fiume Tellaro, attraversa una serie di strette gole dalle ripide pareti e presenta una vegetazione ripariale fitta e rigogliosa formata da carrubi selvatici e olivastri.
Nelle limpide acque della cava del Tellesimo vive la trota macrostigma (Salmo trutta), un raro salmonide ibleo, oggi specie protetta, che nei periodi di siccità si ripara nelle pozze più profonde, chiamate “urva”.
Anche nella valle del Tellesimo, lungo la Cava dei Servi, sono state individuati i resti di due necropoli preistoriche.
Una costituita da una struttura a grotticelle artificiali dell’età del Bronzo, l’altra formata da tombe a enchytrismòs, cioè a inumazione in contenitori di terracotta deposti in fosse, databile tra il 1250-1000 a.C.
La parte montuosa della provincia iblea è stata interessata, soprattutto nel passato, dalla diffusione selvaggia dei pascoli e dei seminativi, che hanno sostituito gli antichi boschi.
Nei terreni incolti vegetano principalmente graminacee e compositae spinose, come cardi, cartami ed eringi (Eryngium campestris).
L'Astrolabio di Swanbook
Redazione: Desenzano del Garda
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