Gli autori che non ti aspetti: Luca Bianchi e il suo "grillo parlante"
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Come indica il titolo di questa intervista Luca Bianchi è uno scrittore che non ti aspetti, o forse potremmo dire “scrittore suo malgrado”.
Lodigiano, una vita lavorativa vissuta in ambito amministrativo, anche fustellata da situazioni a volte incresciose. Anche il privato di Luca è stato un percorso di alti e bassi, che però ora è indirizzato decisamente verso gli “alti”.
Ha fatto irruzione nel mondo letterario con un romanzo breve, un romanzo autobiografico, “Scrivere” dove Luca spazia nella sua vita dall’infanzia all’età matura, raccontandosi a cuore aperto.
Affronta con molta umiltà il suo percorso interiore di gioie, ricordi, amori, sofferenze e passioni: potremmo affermare con una certa sicurezza che l’autore è un po’ il “grillo parlante di sé stesso”.
Nel susseguirsi dei vari capitoli di questo libro può capitare che il lettore possa confondersi e domandarsi: ma è Luca che scrive o il suo intimo? Ma lasciamo che sia lui a fare luce sulla faccenda.
Buongiorno Luca, il regalo più bello che ha fatto il tuo libro è quello di averci dato l’opportunità di riavvicinarci dopo qualche anno e dopo aver vissuto e condiviso momenti particolari in ambito lavorativo. Da quei tempi ad oggi, il tuo percorso di vita ha subito molti cambiamenti che, in parte, sono stati una delle concause che ti hanno, posso dire finalmente, portato o quasi costretto a scrivere. “Scrivere” cosa rappresenta?
Un punto di partenza o per meglio dire di ripartenza. Ho fatto un percorso di psicanalisi per affrontare un importante cambiamento nella mia vita sentimentale e famigliare; è stata una vera e propria scossa che ha risvegliato un cuore intorpidito. Ho imparato a guardarmi dentro e a dar voce alle mie emozioni, riprendendo finalmente a comporre testi che mi raccontassero.
Lo stimolo di tornare a scrivere è stato propedeutico per riprendere a muovere le dita sulla mia chitarra acustica. Le corde erano ormai vecchie e decido quindi di cambiarle. Poi, frugando nella tasca del fodero alla ricerca del diapason per accordarla, ho ritrovato un mucchietto di fogli colorati e spiegazzati che avevo totalmente scordato fossero lì e con sorpresa ho ritrovato testi che ho scritto parecchi anni fa.
Sembrava stessi riprendendo il filo di un discorso lasciato da troppo tempo in sospeso.
Scrivere è sempre stata un’intima passione che in età adolescenziale voleva essere qualcosa di più; avrei voluto diventare un cantautore ma è rimasto un sogno. A volte ci si ritrova ad accettare le “ordinarie” opportunità della vita, distogliendo quindi l’attenzione verso quei sogni che ognuno di noi nutre e che purtroppo, giorno dopo giorno, trascuriamo fino a trasformarli in rimpianti.
Per fortuna per me non è stato così.
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E invece chi è
Luca Bianchi, visto dal “Grillo parlante Luca Bianchi”?
Un sognatore,
un nostalgico, un timido all’ennesima potenza. Ho convissuto con la mia
timidezza che ha fatto in qualche modo da scudo per le mie insicurezze che sin
da bambino mi hanno accompagnato.
Sono comunque
un ottimista di natura, cerco sempre di trovare il bello ed il positivo nelle
persone che incontro e nei momenti, seppur complicati, che vivo. La vita è una
meravigliosa avventura ed è un peccato concentrarsi sui “non ci riesco” e “non
ce la faccio”.
Parli molto
della tua gioventù nelle pagine del libro, una gioventù che è ancora molto vive
dentro di te. Cosa hanno lasciato quegli anni al Luca uomo adulto?
Sono nato e
cresciuto in una realtà di paese di campagna. Ho dei meravigliosi ricordi di
quegli anni. Serate infinite seduti sul muretto della piazza della Chiesa, dove
ci si ritrovava con gli amici di sempre a raccontare barzellette, fino a notte
fonda anche in inverno.
Mi porto
dentro le risate, la voglia di vivere e soprattutto l’amicizia che ritengo sia
esattamente come l’amore.
Musica e
parole sono una costante nella tua vita, cosa hanno rappresentato e
rappresentano ancora oggi? E cosa rappresenteranno?
La musica è la
mia passione più grande. Non riesco a restare in silenzio in auto, a casa,
anche al supermercato, se ci vado solo, cuffiette e musica mentre gironzolo per
gli scaffali.
Da bambino è
stata una vera scoperta. All’oratorio c’era il juke box e restavo li davanti
per buona parte delle domeniche pomeriggio con le monete da 50 Lire e
un’irrefrenabile voglia di scoprire ogni 45 giri. Ci sono brani che ogni volta
che li ascolto mi commuovono a tal punto che arrivo anche a farmi un sano
pianto. “E adesso che tocca a me” di Vasco è uno di quelli, così come “Segnali
di vita” di Franco Battiato.
Il connubio
musica e testo lo considero un miracolo. Le note e le parole formano una
miscela potente.
Amore e
amicizia sono l’asse portante di “Scrivere”, ma come è nato il libro?
Il libro è
nato perché ho avuto la necessità di tornare a scrivere, di rispolverare il
passato per capire il cammino di vita che avevo fatto fino ad allora e rendermi
conto di ciò che potevo permettermi di fare.
Ho sempre
messo gli altri al primo posto e io arrivavo dopo. Tanti troverebbero la cosa
assai normale, definendola “altruismo”, io preferisco definirlo un atto di
“egoismo verso sé stessi”.
Così, grazie
alla mia fidanzata (non è un caso che sia lei in copertina), ho fatto una cosa
che mi rendeva felice: scrivere!
Perché hai
scritto questo libro?
Perché sono
convinto che ci siano tantissime altre persone che vivono o hanno vissuto la
mia esperienza; chiaro, con le loro peculiarità. Vorrei che fosse utile anche a
chi è travolto dalle proprie insicurezze. Non c’è una formula magica che possa
cancellarle, ma una presa di coscienza su come affrontarle, senza vergognarsi
di mettersi a nudo con l’aiuto di una bravissima psicologa come la mia.
Come ci si
sente dopo aver scritto e visto pubblicare un libro come “Scrivere” molto
intimistico?
Innanzitutto,
è stato il coronamento di un sogno. Tenere tra le mani il proprio libro, che
per giunta racconta la propria esperienza, è una meravigliosa emozione. Ti
rendi conto che hai creato qualcosa di veramente importante e che metti a
disposizione dei lettori.
Da lettore
appassionato, mi sono ritrovato neo-scrittore; che l’avrebbe mai detto?
Descriviti in tre aggettivi:
TIMIDO
INSICURO
SOGNATORE