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"Con questi occhi, con questa mani, con questo cuore."

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Rencesione di Elenia Stefani

"Con questi occhi, con queste mani, con questo cuore"
di Antonio Savoldi

Ed. Marna
Sto ascoltando “Dolce tramonto” di Barbarossa mentre scrivo queste righe e penso al libro che ho appena terminato.
L’ho iniziato ieri sera e l’ho terminato poco fa… ho segnato tanti appunti, ho pianto in molti punti, ho preso fiato, interrotto la lettura, riletto alcune frasi, riflettuto e mi sono guardata allo specchio più e più volte mentre scoprivo queste pagine.
Ho cinque anni quando mi ubriaco per la prima volta, debitamente assistita da mia madre e dai suoi amici” (Cit. pagina 169)
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Questo estratto è solo il succo centrifugato e spremuto di uno dei racconti che si scoprono in questo libro ma è uno di quelli che più mi ha lasciato il segno ma, sinceramente, ogni storia narrata mi ha lacerata, mi ha spezzata e mi ha portata ad urlare dentro me stessa.
 
 
Chi è l’autore del libro? Di lui vi ho scritto qualche giorno fa in merito a una raccolta di poesie sull’amore ed ora ve lo farò scoprire in vesti nuove ma prima rispondo alla domanda usando le sue stesse parole inserite a pagina 15 del libro:
 
“Io sono uno sbirro: credo a ciò che vedo.
 
Il mio compito è accertare, dimostrare e provare secondo il criterio dell’oggettività.
 
Tuttavia, in Shalom, anche schemi ben collaudati come i miei sono saltati.”
 
 
Droga. Questo è il perno dei racconti che l’autore ha inserito in questo libro.
 
Otto storie di vita accomunate da questa schifezza che crediamo esser lontana da noi e da chi amiamo ma che in verità è più diffusa e invischiata nelle vite di quanto noi crediamo.
 
Otto vite narrate in modo diretto, viscerale, schietto e privo di fronzoli.
 
Otto percorsi.
 
Otto figli.
 
Otto persone.
 
Otto che poi possono esser milioni, anzi, che SONO MILIONI.
Vorrei raccontarvi di tutti i capitoli, di tutti i protagonisti (che brutto termine, ma odio le ripetizioni). Vorrei farvi conoscere i singoli, puntigliosi, precisi, dettagli delle loro vite perché meritano davvero e credo sia doveroso che abbiano il giusto peso verso ognuno di noi ma rischierei di svelare troppo del libro, di servirvi ogni informazione e riflessione su un piatto d’argento troppo facile da gestire rischiando di semplificare l’immenso contenuto del libro e anche il lavoro mentale che sta al lettore fare.
Vorrei mostrarvi le lacrime che ho versato nell’entrare e nell’immedesimarmi nelle vite narrate, sia che si trattasse di bambini, adulti, uomini o donne.
Vorrei farvi percepire i brividi che ho sentito sul corpo, la rabbia, il dolore.
Vorrei… ma lascio a voi questo compito di mettervi in gioco.
Cosa posso condividere, allora?
Come vedete nella foto che ho inserito all’inizio, ho preso molti appunti durante la lettura. Ho segnato ogni mia riflessione, concisa o prolissa che fosse, perché le pagine sono colme di valore.
Ne scaturisce centralmente il ruolo della famiglia.
Quel luogo metafisico che ci plasma, che ci caratterizza nel bene e nel male e che, a prescindere dal tenore economico o dalla geolocalizzazione, è fondamentale per una crescita sana o balorda.
Nessuno di noi ha scelto di venire al mondo, nessuno di noi è frutto di semplici scelte… c’è molto di più e la tutela dovrebbe esser sempre alla base al pari dell’ascolto, del rispetto e del sostegno.
In queste pagine si evidenzia come questo ruolo sia effettivamente uno dei perni che può spostare l’ago della bilancia che poi ricade nelle scelte che ogni individuo fa.
Un’altra evidenza riguarda le grida d’aiuto. Sia che si tratti di urla esplicite o implicite, ogni racconto trasuda una richiesta di sostegno, di abbraccio, di salvataggio. Ogni persona a modo suo. Ogni bimbo con le sue capacità. Ma arrivavano a destinazione? Se si, come?
Ho terminato i racconti, prima di concludere con i capitoli finali, con un senso di dolore immenso che mi ha pervasa totalmente. Quando entri nel vissuto di queste persone ti rendi conto davvero di quanto poi sia difficile credere nell’amore, fidarsi degli altri, abbattere le difese senza paura di soffrire di nuovo. Mi sono letteralmente sentita come ogni narrazione e ho tremato pensando alla paura di soffrire che ognuno di loro deve avere ancora oggi.
Paura di esser amati.
Paura di amare.
Paura di mostrarsi per quelli che si è.
Paura.
Ti rendi conto davvero di come spesso abbiamo un marchio che si estende di pregiudizio in pregiudizio come fossero appestati, come se fosse una scelta facile quella che gli ha portati in quel vortice che è la droga e mai si pensa al dolore, alla solitudine, alla sofferenza, agli abusi, alla violenza.
Si pensa sempre che “a me non accadrà”, “se succedesse a me io farei…”, etc.
Ma dovremmo smettere di giudicare e semplicemente rispettare, ammirare la forza con cui hanno toccato il fondo per poi risalire e affrontare abomini vissuti e anche i propri demoni e odio verso se stessi compresi rimpianti e sensi di colpa.
Servirebbe più empatia.
Serve più empatia, scusate se avevo sbagliato tempo verbale.
Serve più psicologia.
Più cuore.
Questo libro parla di violenza, di abusi, di silenzi, di occhi volutamente chiusi, di disumanità.
Ciò che però deve arrivare a voi è che tutto questo non accade in posti remoti (e anche se fosse?) o in pochi casi… accade qui. Accade ovunque. Accade anche a chi non crediamo. Accade (o potrebbe accadere) anche a noi in primis.
Vorrei che vi arrivasse davvero tutto il valore di questo libro. Anche ora che scrivo queste righe, piango perché io potrei benissimo esser una di quelle storie.
Nel leggerle mi sono resa veramente conto di quanto potevo finire anche io in quel mondo di droga e annullamento di me stessa e forse è per questo che sento così forte questo testo.
Cari lettori, armatevi di cuore e amore e leggete queste storie… sono certa che ne uscirete differenti.
Alla prossima recensione, la vostra Ele
L'Astrolabio di Swanbook
Redazione: Desenzano del Garda
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