Quattro chiacchiere con Emanuele Cavarra
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QUATTRO
CHIACCHIERE CON EMANUELE CAVARRA
di Rossana Prest
Oggi incontriamo un imprenditore
ragusano che si contraddistingue non solo per la sua grande creatività in
ambito professionale, ma grazie al suo talento creativo riesce a contaminare la
sua verve di scrittore.
Parliamo di Emanuele Cavarra,
imprenditore di Ragusa, titolare di una affermata agenzia operante nel settore
del design e della comunicazione.
Ma oltre ad essere affermatissimo in
ambito professionale, Emanuele si sta affermando sempre più anche come
scrittore.
Infatti, ha poco pubblicato un
interessantissimo romanzo breve dal titolo “Il viaggio di Marion”, edito da
Swanbook.
Cerchiamo di conoscere qualcosa di più
di questo poliedrico personaggio.
Chi è Emanuele Cavarra? (parlo
dell’uomo non dell’imprenditore e dello scrittore.)
Mi piace considerarmi un cittadino del
mondo. Nonostante abbia visto la luce – cosa che considero una grande fortuna e
un privilegio – in una terra ricca di storia e di bellezza chiamata Sicilia, mi
sento collegato a ogni luogo di questo piccolo e delicato pianeta e,
soprattutto, a ogni suo abitante. Insomma, rifiuto ogni concetto di confine,
sia esso fisico oppure mentale.
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Lei è da tempo affermato come
professionista, sappiamo che la sua azienda a ricevuto importanti riconoscimenti
e premi per la grafica. Come è nato l’amore per questa tecnica di
comunicazione, e come è diventata una professione?
Ho imparato
a disegnare ancora prima di saper scrivere. Sin da bambino ho sempre avuto la
certezza che la mia vita sarebbe stata caratterizzata da un segno tracciato su
un foglio. Essendo il disegno il mio gioco preferito, riempivo ogni singolo
pezzo di carta che riuscivo a procurarmi con ritratti, figure e caricature (i
cui soggetti preferiti erano gli insegnanti).
Crescendo,
mi cimentai con i fumetti e con la produzione, in modo assolutamente
artigianale, di piccole riviste. Quando frequentavo l’ultimo anno delle
superiori, un mio caro amico, Massimiliano, di disse che un’agenzia di
pubblicità di Ragusa cercava un grafico. Fu così, in modo del tutto casuale
(?), che mi tuffai in quel mondo sconosciuto che era la pubblicità e che
sarebbe diventato il mio mestiere. A 22 anni, di fronte al dilemma tra rimanere
disoccupato o provare a fare qualcosa in proprio, scelsi la seconda opzione.
Era il 1993. Nasceva KreativaMente, il mio piccolo studio grafico che da allora
non si è mai fermato. Oggi, dopo quasi 30 anni, sebbene si tratti comunque di
una piccola realtà, ha ampliato l’offerta dei suoi servizi e la sua clientela.
Parallelamente scrive e ha
pubblicato alcuni libri. Quanto è contaminante il suo lavoro per la sua
passione per la scrittura?
L’approccio
creativo che la mia professione negli anni mi ha permesso di sviluppare si è
esteso a ogni aspetto della mia vita. Affronto ogni decisione, anche la più
banale come potrebbe essere decidere cosa preparare per pranzo, come una sfida
con me stesso, cercando di trovare una soluzione originale o comunque nuova.
Sono uno che ama sperimentare, in ogni campo, a costo di rimanere deluso (cosa
che accade con una certa frequenza).
C’è da dire
che sono cresciuto nutrendomi a pane e libri (ai miei tempi i videogames, pur
esistendo, erano una rarità, per fortuna), affinando il gusto per le trame
scritte bene. Spesso, dopo aver letto un romanzo, mi dicevo: “però io l’avrei
concluso diversamente.” Inoltre, quando i miei figli erano piccoli, la sera,
dopo averli messi a letto, mi piaceva raccontare loro delle storie, inventate
in estemporanea, ogni giorno una diversa. Vedevo che si divertivano, così un
giorno pensai di mettere per iscritto qualcosa. Avevo circa quarant’anni.
Cominciò così la mia avventura nel mondo della scrittura.
E’ uscito da poco tempo un suo
interessantissimo racconto breve “Il viaggio di Marion”, un racconto premiato
in concorso letterario e poi pubblicato da Swanbook. Come è nata l’idea di
questo racconto?
Accade
spesso che un fatto o una notizia lascino qualcosa dentro di me, come un
piccolo seme che mi si annida da qualche parte e che comincia a crescere,
nutrendosi di tutto ciò che ho nell’anima in termini di vissuto, di emozioni e
di valori. Dopo un po’ di tempo, quando la pianta è ormai cresciuta, mi offre
anche il frutto, pronto da raccogliere.
È
esattamente ciò che accadde con “Il viaggio di Marion”. Qualche anno fa fui
invitato a cenare a bordo di una piccola goletta d’epoca ancorata nel porto
turistico di Marina di Ragusa. Da grande appassionato di mare, di nautica e di
navimodellismo, accettai con entusiasmo l’invito. Durante la serata mi
raccontarono che quella stessa barca era stata utilizzata dalla marina
britannica durante la seconda guerra mondiale per individuare e neutralizzare i
terribili sommergibili tedeschi. La propulsione a vela garantiva infatti la
navigazione nel silenzio più assoluto, eludendo i sistemi dei sottomarini volti
a captare il rombo delle imbarcazioni nemiche in superficie. Questa cosa mi
affascinò tanto, ma lì per lì lasciai tutto decantare in profondità. Anni dopo
venne a galla questa storia che volli sintetizzare in un piccolo romanzo.
Il libro, al di là di
raccontare vicende strettamente collegate a ricordi di fatti relativi alla
Seconda Guerra Mondiale, propone anche uno spaccato della vita di provincia,
della vita semplice e contadina, c’è qualcosa che parla anche di lei o dei suoi
ricordi nascosto negli eventi che narra?
Ovviamente,
tra le righe de “Il viaggio di Marion” c’è molto di me. Innanzitutto i miei
valori, tra i quali il rifiuto del concetto di confine, inteso come frontiera
tra culture e nazionalità diverse, di cui parlavo prima e l’avversione completa
alla guerra (sono un obiettore di coscienza convinto e praticante da sempre).
Affiora inoltre tutto il mio amore per la terra in cui sono nato e cresciuto (e
di cui sono orgoglioso), questo estremo lembo della Sicilia dove ancora oggi si
perpetuano, quasi inalterate, antichissime tradizioni, prima fra tutte quella
capacità incondizionata di accogliere i forestieri. Allo stesso tempo ho voluto
raccontare quella curiosità, tanto presente nei piccoli centri di provincia,
che in alcuni casi può degenerare in qualcosa di negativo, quasi morboso.
“Il viaggio di Marion” è un
racconto ambientato alla fine del secolo scorso nella Ragusa di fine millennio,
sembra poco tempo, ma tutto sommato stiamo parlando di un quarto di secolo fa.
Quanto è rimasto oggi, di quella Ragusa e del ragusano?
Come dicevo,
la Ragusa di oggi, complice anche l’isolamento dovuto alla mancanza di
infrastrutture (la provincia di Ragusa è l’unica in Italia a non avere nemmeno
un chilometro di autostrada), ha mantenuto tantissimo del suo passato. Basta
percorrere i territori extraurbani per rendersene conto: esistono vastissime
aree, soprattutto nelle campagne, immutate da molti secoli. Anche la
gastronomia ha saputo custodire le antiche ricette lasciate nell’isola dalle
molteplici dominazioni che si sono succedute: è facile gustare le antiche
“scacce” (di cui accenno nel romanzo), le cui origini si perdono nella notte
dei tempi, o gli stessi dolci che ci portarono gli arabi molti secoli orsono.
Per non
parlare poi di quella splendida lingua che è il Siciliano, anch’esso in gran
parte incontaminato grazie al fatto di essere circoscritto in un’isola. Seppure
con lievi sfumature variabili da una zona all’altra, l’antica lingua (che
ancora si usa abbondantemente) custodisce termini di chiara matrice spagnola,
francese, araba, latina e greca. Senza esagerare, ho voluto inserirne qualche
cameo nel romanzo.
Nel suo romanzo traspare
evidente un suo amore per la lingua dialettale delle sue radici. Quanto è
importante per lei mantenerla viva?
L’eredità
culturale è un patrimonio inestimabile che va custodito e tramandato. Come ho
detto in precedenza, la lingua siciliana è in gran parte immutata da secoli. Io
ne sono letteralmente innamorato anche perché spesso riesce con un solo termine
a rendere concetti complessi che sarebbe impossibile tradurre in italiano o in
qualsiasi altra lingua. Mi piacerebbe scrivere un intero racconto o addirittura
un romanzo in siciliano, ma mi rendo conto delle difficoltà che ne comporterebbe
la lettura, specie per chi non è avvezzo all’uso della lingua antica. Comunque,
prima o poi lo farò.
Stiamo uscendo da anni
terribili sia dal punto di vista sanitario che economico. In questi giorni
altre nubi nere stanno purtroppo attraversando i cieli. Le mettiamo a
disposizione una bacchetta magica: come la userebbe?
Mi
piacerebbe poter disporre di uno di quei sofisticati software che utilizzo per
manipolare le immagini, uno di quelli che ti permettono di isolare e togliere
solo alcune parti di una figura e sostituirle con altre. Ne vorrei però uno in
grado di intervenire sulla realtà, sul presente e anche sul passato.
Impiegherei ore, forse giorni o settimane o mesi, per rimuovere ognuna di
quelle piaghe che il genere umano ha dovuto e che continua a subire, come il
COVID o come l’assurdo conflitto che si sta consumando a pochi chilometri da
casa nostra. Forse chiedo troppo, lo so. Forse, avendo a disposizione uno
strumento così potente, non mi fermerei più, cancellando a poco a poco gran
parte del passato, anche quello meno recente. So che ciò è impossibile, ma ho
anche la speranza che le cose possano andare meglio e voglio fare mio l’incipit
della sua ultima domanda: “Stiamo uscendo…”. Sì, voglio pensare che ne stiamo
uscendo.