Tappa 9 - 22/04/2021
Rubriche > 3x3: 3 domande e 3 risposte a cura del Dott. Pagnoncelli > 3x3 Archivio
“Guarigioni solo sanitarie?” è il sottotitolo di questo nono
appuntamento con la rubrica “3 x 3: tre domande e tre risposte” che vede
dibattere la giornalista Francesca Ghezzani e il Dottor Davide Pagnoncelli
Guarigioni solo sanitarie?
1. Cosa si può tener
presente dal suo punto di vista per uscire… in bellezza dall’attuale situazione
emergenziale?
Credo fermamente che non ci sia bisogno solamente
di guarigioni di tipo sanitario o economico, ma che sia necessario aiutare le
persone a realizzare guarigioni
psicologiche, emotive, sociali.
Nell’attuale situazione critica non può bastare
l’intervento di eccellenti medici, di buoni economisti e amministratori, bensì
serviranno progetti psicosociali per
stimolare guarigioni emotive e anche spirituali, al di là delle credenze di
ognuno.
Purtroppo numerose e valide ricerche evidenziano dati estremamente allarmanti: aumento
esorbitante di crisi di ansia, di panico e di depressione; aumento preoccupante
di atti lesivi e autolesivi, di disturbi dell’alimentazione, di atti di bullismo
e cyberbullismo di minorenni e a partire da età molto precoci (per esempio dai
10/11 anni); aumento esponenziale di comportamenti di ritiro sociale e di
isolamento; difficoltà e conflitti forti intergenerazionali. Tutto ciò… e altro ancora è corroborato da
dati incontrovertibili provenienti da varie e affidabili fonti.
Possiamo
far finta di non vedere o cercare di minimizzare tutto mettendo la testa sotto la sabbia come certi struzzi?
Noi adulti siamo responsabili del mondo che
lasceremo alle nuove generazioni!
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2. Allora che fare? Lei
cosa propone?
Sarò perentorio o, come dicono i francesi “tranchant”,
ma la realtà dei bambini e dei giovani non ha bisogno di chiacchiere che
cercano di compensare l’assenza di progetti concreti e duraturi; i bisogni
emergenti richiedono interventi e investimenti puntuali per aiutare soprattutto
le nuove generazioni.
Non servono sostegni o ristori ridicoli che coprono
a mala pena il pagamento dell’affitto di uno studio per pochissimi mesi;
necessitano progetti continui (non
mordi e fuggi e che durano una stagione) che aiutino le nuove generazioni a
potenziare la loro salute, sia
sanitaria, sia psicologica, sia emotiva, sia sociale, sia spirituale.
Non servono elemosine, ma per esempio quanto hanno
già proposto, purtroppo inascoltati, vari Ordini regionali di Psicologi: dare
l’opportunità a psicologi preparati di realizzare, a costo calmierato, progetti formativi e/o di tipo terapeutico
nelle scuole o in altri contesti educativi.
Questo è una modalità per raggiungere due obiettivi
contemporaneamente: offrire lavoro a chi opera e riversare competenze e umanità
per far crescere giovani e meno giovani. Più che una spesa è un investimento per costruire la società futura!
Però che siano progetti almeno annuali, meglio se
triennali, all’interno dei vari Istituti Comprensivi o in altre Istituzioni. E
non è assolutamente vero che costano troppo: qui non è la sede per farlo, ma
potrei riportare -con numeri alla mano- la mia ventennale esperienza di
gestione e organizzazione di un Servizio Psicologico di Sistema in quattro
scuole con una popolazione scolastica che è oscillata nel corso degli anni tra
1200 e 1600 alunni circa… con le rispettive famiglie.
3. Allora cosa chiedere
e cosa aspettarsi da uno psicologo, in particolare a scuola?
Che sia peripatetico, che cammini, che si alzi dal
proprio studio e si immerga nel contesto, valorizzando anche i momenti
informali, assolutamente preziosi.
Che abbia flessibilità e capacità di adattamento.
Che sia portatore di senso dello humor; la troppa
serietà non è funzionale dal punto di vista educativo. Ovviamente va mantenuto
il focus sulle varie questioni.
Che abbia capacità di empatia, di sensibilità
emotiva.
Che abbia genuina intelligenza sociale e sentimento
sociale, cioè sia al servizio funzionale dell’istituzione e delle dinamiche di
gruppo del contesto.
Che sia immune da narcisismo e da protagonismo,
perché si pone al servizio dell’evoluzione positiva del sistema in cui opera.
Lo psicologo dovrebbe essere come il cemento armato, c’è ma si nota poco; il
che non esclude che possa essere un buon protagonista.
Che sia preparato culturalmente e professionalmente:
ovviamente è scontato che possieda una laurea, ma serve una specializzazione
post-laurea specifica. Queste qualifiche, però, non sono assolutamente
sufficienti, sono solo le fondamenta: senza le fondamenta l’edificio non tiene,
ma le fondamenta non sono l’edificio.
Che abbia forte motivazione per un continuo
aggiornamento personale e professionale -non solo formale per avere crediti
burocratici- e la disponibilità a farsi coinvolgere in esperienze formative
originali e creative. Appunto perché lo psicologo deve allargare il proprio
cervello prima di aiutare ad allargare quello altrui.
Che desideri “mettere le mani in pasta”, “sporcarsi
le mani” nel quotidiano, partecipando in concreto ai progetti, senza troppe
teorizzazioni inconcludenti.
Che abbia un’età adeguata e sufficiente esperienza
del particolare contesto scolastico.
Che la dicitura per la scuola sia “servizio
psicologico” e non “sportello psicologico”, terminologia quest’ultima fredda,
burocratica e impersonale.
Email per eventuali comunicazioni:
allargacervelli@gmail.com