Famiglia Olivini
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Nel
cuore delle terre del Lugana incontriamo un’azienda vinicola, anzi non
un’azienda vinicola, ma preferisco dire una famiglia di vignaioli,
perché di questo si tratta quando parliamo della famiglia Olivini. Una
famiglia che ha saputo ridisegnare l’arte del vignaiolo rivestendola con
abiti intrisi di modernità, pur conservando e mantenendo l’importanza
delle tradizioni, delle radici, della passione per un lavoro, un
mestiere, o ancor meglio un’arte che è parte del dna di famiglia da
generazioni.
Una
famiglia che è tornata alla terra dall’industria, quella dell’acciaio, e
gli Olivini sono tornati alla terra reimpossessandosi prepotentemente
dell’amore e della passione del vino che è sempre stata parte di loro,
diventando ora una delle aziende di punta in area Lugana.
Una famiglia che sembra avere un unico e comune denominatore in una lettera: la lettera “G”.
Giorgio,
Giordana e Giovanni, i tre fratelli che ora sono fulcro dell’azienda e
che hanno sposato pienamente, unendosi ai genitori Graziella e Giulio,
l’amore per questa terra che lambisce la sponda sud del lago di Garda
(toh… un’latra G) sono capaci di regalarci emozioni straordinarie con i
loro vini, figli perfetti di questo territorio meraviglioso.
Cerchiamo
di scoprire qualcosa di più di questa famiglia attraverso una breve
conversazione, magari per una volta rivolgendoci più alle persone che
agli imprenditori, magari anziché parlare del prodotto vino, conoscere
invece chi questo prodotto lo crea.
Cercheremo
di porre domande non in termini giornalisti, ma fare domande che può
fare una persona comune, un visitatore della cantina, uno qualunque
perché sono le persone qualunque che poi diventano consumatori e che
decretano il vero successo di aziende e prodotti.
PSR S.r.l.
Pozzolengo (Bs)
Segnaletica stradale
Segnaletica di sicurezza
Pozzolengo (Bs)
Segnaletica stradale
Segnaletica di sicurezza
La famiglia Olivini: Giordana, Giovanni, Graziella, Giulio e Giorgio
Incontriamo Giovanni
Olivini per sottoporre a lui alcune domande sull'azienda di famiglia:
Una
passione che accomuna tutti i componenti della famiglia. Come è nata l’idea di
unirvi in questo viaggio nel mondo del vino?
La
passione che il nonno ha saputo trasmetterci ha trasferito a noi la volontà di
intraprendere nuovamente questo percorso.
Giovanni Olivini
E’
bello leggere come denominazione dell’azienda “Famiglia Olivini”: è una scelta
voluta?
Fortemente
voluta e sentita. Continuiamo a rafforzare l’unione del nostro cognome e a
volte questa scelta è stata interpretata come se avessimo voluto creare un brand:
in realtà “Famiglia” sottolinea la nostra forza.
Cosa
vuol dire per un vignaiolo essere un vignaiolo?
Essere
vignaiolo per noi significa condividere, apprezzare e portare avanti un
percorso sostenuti dall’importante apporto del nostro enologo Antonio Crescini.
La Famiglia ha anche importanti interessi nel mondo dell'acciaio, ma come mai dal
vino all’acciaio e ritorno. Sono davvero due mondi così lontani?
Non
è un vero e proprio ritorno, ma una condivisione di passioni, di direzioni e di
impegni. Per questo possiamo parlare di due mondi che seppur lontani riusciamo
a sviluppare contemporaneamente.
L’azienda
si contraddistingue per un numero contenuto di etichette proposte sul mercato.
Un indirizzo produttivo voluto?
Il
numero di etichette che presentiamo sul mercato è, per noi, già alto ed
impegnativo dovendo garantire qualità e controllo commerciale di tutte le
nostre referenze. Si tratta dopotutto di
piccoli gioielli che racchiudono singolarmente una storia, una scelta ed un
profilo ben preciso.
Quanto
c’è di ognuno dei componenti della famiglia nei vostri vini?
Direi
che c’è proprio tutta la Famiglia Olivini.
Tutti i suoi componenti vivono
infatti interamente e intensamente l’azienda.
C’è
tra i vostri vini uno o più di uno che sono legati a momenti importanti della
vostra storia?
Sicuramente
va menzionato il nostro vino rosso per eccellenza: il “Notte a San Martino”. Si
tratta di un Merlot in purezza che ci identifica nonostante siamo produttori di
Lugana e la nostra produzione ruota prevalentemente intorno ai bianchi. Ricorda
una scelta importante di produzione e probabilmente una scelta sentimentale di
portare avanti il progetto del nonno che credeva fortemente nella produzione di
Merlot in terra di bianchi. La prima annata fa riferimento alla vendemmia 2000.
Siete
stata una delle prime aziende nel territorio, se non la prima, a dare
molta importanza all’immagine. Le vostre etichette sono un chiaro
marchio di fabbrica, dalle quali si discostano solo quella di “Notte a
San Martino” e della grappa figlia di questo vino. Quanta importanza ha
l’immagine o l’etichetta?
Abbiamo
compreso che viviamo in un mondo innovativo dove l’immagine e la
riconoscibilità sono essenziali e abbiamo creato un’immagine moderna che
ci appartenesse. A distanza di dieci anni dall’introduzione di questo
stile abbiamo scelto di evolvere e di dare vita a un leggero restyling
delle nostre etichette: alle righe orizzontali, che sono diventate un
chiaro segno distintivo, si sono affiancate delle righe leggermente
oblique in grado di conferire, senza stravolgere l’identità, la
sensazione di qualcosa che fasciasse la bottiglia stessa.
Un
momento particolarmente difficile questo per la nostra economia. Come vedete il
futuro del vino e del territorio?
Il
territorio rimane e probabilmente sarà in crescita di identità e valore ci
auguriamo pertanto di continuare a essere artefici di questa crescita.
E
il futuro dell’azienda?
Siamo
sempre animati da nuovi progetti e abbiamo sempre tanti stimoli che ci accompagnano
e accompagneranno per nuovi percorsi. Il più recente e forse il più importante
è stato l’ampliamento della nostra cantina: al nucleo originale siamo infatti
andati a costruire, in perfetto dialogo con il territorio circostante, uno
spazio capace non solo di produrre, ma anche di accogliere.