La Via Mala: un antico patrimonio da scoprire insieme
Arte e Cultura > Viaggiando e curiosando con Aurora Cantini
Risalire
l’antica Via Mala della Valle di Scalve, a cavallo tra le province di Bergamo e
Brescia, può essere l’occasione per ritrovare l’arcobaleno della vita, sentire
l’essenza della natura, apprezzare il solo essere vivi. Lo dice già la parola
“Mala” cattiva, terribile. Soprattutto in inverno, tra stalattiti e cascate di
ghiaccio è la padrona assoluta del silenzio. La Via Mala è una tra le vie carrozzabili di montagna più
panoramiche e spettacolari d’Europa, uno scrigno ricco di risorse naturali
incontaminate e custode silenzioso ma non vinto di una storia secolare di genti
e commerci. Risale inerpicandosi dal paese di Angolo
Terme, poco sopra il lago d’Iseo, e approda, ancora agguerrita e grezza nel suo
valicare la montagna, a Colere, un paesino nel cuore della Valle di Scalve,
sotto la Presolana. Costruita nel lontano 1861, ora è Strada Provinciale, ma
conserva intatto il brivido a mezza costa lungo la forra della valle, una
forra di origine glaciale molto profonda e stretta, incisa dallo scorrere
costante delle acque del fiume Dezzo.
Il tracciato stradale, portato a
termine nel 1864 e in alcuni punti coraggiosamente scavato nella roccia ma che
già esisteva nell’Alto Medioevo e venne rifatto tra il 1473 e il 1827,
rappresentava la nuova e più moderna alternativa al precedente sentiero, largo
appena 80 centimetri, utilizzato fino al 1860 con le slitte per il trasporto a
valle dei minerali ferrosi estratti dalle miniere della Valle di Scalve. Nel
1922 un cronista dell’epoca raccontò della Via Mala sul giornale locale “La
Valle di Scalve”: “Alla strada sovrastano d’ambo i lati le muraglie
ciclopiche delle due catene che la serrano e fra le cui due sommità splende,
come nastro frastagliato, l’azzurro del cielo. Giù nel profondo, il fiume
precipita a valle,con salti pazzi ed ampi vortici ed impeti forsennati, e
muggia, e romba, e ribolle, poi sosta e riposa in specchi limpidi e tranquilli,
per riprendere tosto la formidabile corsa all’abisso…”.
In realtà percorrere la Via Mala
fino a oltre la metà del Novecento era estremamente insidioso, soprattutto in
inverno. Con le piogge primaverili e autunnali o con i temperali estivi fiumi
d’acqua precipitavano dall’alto trascinando con sé fango, sassi e macigni.
D’inverno c’erano le valanghe e il ghiaccio. Le masse di neve scaricate dai
canaloni della Presolana e del Visolo, dopo aver interrotto la strada del Passo
della Presolana, precipitavano sulla Via Mala bloccandola. E le interruzioni
duravano giorni e giorni tagliando ogni comunicazione e costringendo spesso i
valligiani ad aprirsi la strada tra muraglie di neve lungo sentieri impervi e
pericolosamente esposti. Negli Anni Sessanta vennero costruite le prime
gallerie paravalanghe e non vi furono più interruzioni. Altre gallerie furono
scavate per rendere più sicura e percorribile la strada fino a quando buona
parte dell’antico tracciato andò in disuso e delle meraviglie della Via Mala,
non più visibili per chi passa in auto nei tunnel, non se ne parlò più. Il
fascino dei suoi vertiginosi precipizi che lasciavano senza fiato i passanti,
le sue rigogliose cascate perenni, le sue ricchezze storiche e naturalistiche
vennero presto dimenticate.
La costruzione di vari tracciati
in galleria aveva notevolmente migliorato la viabilità e la sicurezza del
transito, lasciando però in stato d’abbandono i tratti più suggestivi, che pian
piano sono stati ricoperti di vegetazione e danneggiati dall’erosione
dell’acqua. Fino a poco tempo fa.
Attualmente la Via Mala presenta
ancora tre tratti stradali dismessi, che sono però stati riconvertiti e
facilmente percorribili a piedi. Il gioiello
è un bellissimo punto panoramico in cui sostare,
ampio spazio e vista mozzafiato accanto alla ex Casa Cantoniera situata in cima
alla Via Mala, oggi trasformata in Infopoint di Scalve, denominata
“Canyon Scalve” che offre pannelli storici, ristoro, sportello di informazione
ed accoglienza turistica. Da qui, a piedi per circa
200 metri, si giunge al brivido del vuoto, un terrazzino in resina trasparente
che si protende sul dirupo del torrente Dezzo. Tutta
la parete rocciosa è solcata da gallerie e anfratti suggestivi. La strada è
scavata nella roccia viva e la senti vibrare, imperiosa, quasi autoritaria al
turista. Chiede rispetto e consapevolezza del maestoso mondo di roccia e vento.
L’inverno liscia i suoi artigli
ma non ghermisce l’acqua, che palpita ribelle nell’alveo sottostante. Mi
sovviene una punta di malinconia nel ricordare quando, da piccola, mio papà mi
portava spesso con la sua Fiat 500 lungo la ripida trincea. Da pochi anni la
Via Mala era stata imbrigliata dalle gallerie ma i tratti più esposti, quelli
che d’inverno si ricoprivano di stalattiti spettacolari che ghermivano il basso
muretto di protezione come un tetto di ghiaccio, erano ancora ben tenuti e
facili da seguire. Parcheggiava in un anfratto che solo lui conosceva e poi
mano nella mano percorrevamo a piedi la vecchia strada, insieme a tanti altri
“curiosi” ancora quasi increduli che la Via Mala non facesse più paura. Mio
papà mi prendeva sulle spalle e mi faceva toccare la roccia umida della volta
soprastante, io aggrappata a lui e alla roccia. Solidi entrambi. Roccia calda e
roccia gelida.
Sgocciola ancora la roccia come
coriandoli di pianto, amata terra, solitario ardore.
La poesia di Aurora per la Via Mala
VIA MALA
Sei roccia viva sopra i miei occhi,
luce di riverbero e bianco velo di sposa.
Sei angelo ribelle, mai domita, mai triste,
rumoreggiar di selva come artiglio di lupo.
Antica via di emigranti e sogni,
portasti tracce di pianto,
coltre pietosa dei lamenti antichi
delle genti travolte dall’onda.
Dalla diga del Gleno
fosti tu, Via Mala, a coprire gli occhi
di chi era spento al mondo.
LA TRAGEDIA
DELLA DIGA DEL GLENO
Non si può non
ricordare la tragedia del 1 dicembre 1923, quando la grande Diga del monte
Gleno si aprì e l’acqua travolse ogni cosa, giù, giù, inondando la Via Mala,
fino al Lago d’Iseo.
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