Nel capanno di Jack London
Arte e Cultura > Viaggiando e curiosando con Aurora Cantini
Il capanno di Jack London a Dawson City (Yukon); estremo nord del Canada
Chi
non ricorda “Zanna Bianca” o “Il richiamo della foresta”? Oppure chi non ha mai
sognato almeno una volta di vivere in una casetta di tronchi in riva a un
grande fiume costeggiato di foreste infinite, abeti rossi e conifere a perdita
d’occhio, sentieri che si snodano dietro le alture e conducono a pozze
cristalline o radure incontaminate? Chi non ha mai immaginato di accendere un
fuoco di bivacco, sotto un cielo trapunto di stelle, nel cuore dolce
dell’estate di montagna?
Io
tutto questo l’ho sognato fin da piccina, fin da quando mi arrampicavo sui rami
degli alberi del mio giardino, nel mio paese di montagna, Amora, Orobie
Bergamasche. Mi arrampicavo con uno dei miei libri preferiti, il solito autore,
sempre indecisa tra Jules Verne o Jack London.
Ma il
mio preferito era Jack London. Le lunghe notti invernali con l’ululato dei lupi
che circondavano la casetta di tronchi spersa nel bosco mi mettevano addosso
deliziosi brividi di suspance o paura, ma immensamente eccitanti. Eppure di
Jack London sapevo poco.
Ora
che sono cresciuta ammiro ancor di più l’anima inquieta di questo vagabondo della
vita, nato nel 1876 a San Francisco e morto a soli quarant’anni nel 1916,
che volse le spalle al comodo a caldo mondo di mare per avventurarsi nelle
desolate e immense distese di silenzio del grande Nord, lassù, in Canada e in
Alaska, sorelle dal cuore profondo e selvaggio.
Parole
che hanno evocato in me fin da piccina viaggi e avventure, miti e eroi. Gelo e
neve. Notti e albe blu. Fiumi bianchi e foreste. Camini accesi dietro
finestrelle di abete. Orizzonti chiusi sulle alture lontane. Insondabili. Insensibili.
Ma tanto tanto belle. Spettacolari.
Foto di Jack London
Le
informazioni storiche riportano: “Nell’estate del 1897, venuto a conoscenza
della scoperta di ricchi giacimenti d’oro nel Klondike, sul confine fra Canada e Alaska, London parte con un amico per unirsi alla “Corsa all’oro“, che aveva il suo centro a Dawson City, dove incontra avventure e disavventure d’ogni tipo,
spesso tragiche e crudeli, che saranno fonti ispiratrici di molti suoi scritti.
Nel 1898 ritornò a San Francisco con solo un sacchetto d’oro”.
Qualche
tempo fa mia sorella Angela mi ha fatto un regalo. È entrata nella casa di Jack
London, il capanno dove visse durante la sua epopea nella foresta e mi ha
mandato un suggestivo video. Oggi è stato trasformato nel “Jack London Museum“.
Così
spiega il sito web di riferimento: “Il Jack London Museum di Dawson City è
in parte una replica del capanno in cui Jack London trascorse l’inverno
tra il 1897 e il 1988 quando intendeva prendere parte
alla corsa all’oro del Klondike. Nel 1968 lo scrittore Dick North intraprese
una spedizione in Alaska per verificare che il piccolo capanno,
scoperto nel bosco sull’Henderson Creek, fosse proprio quello in cui era
vissuto Jack London. Ad accompagnarlo fu il sergente Ralph Godfrey,
esperto di calligrafia del dipartimento di polizia dell’Oakland, incaricato di
verificare l’autenticità della firma di Jack London che era stata
incisa sul soffitto. Quando fu appurata l’autenticità del capanno, si decise di
smontarlo e i tronchi furono divisi in due blocchi. Metà furono portati
a Dawson City, in Canada, e metà portati a Oakland, dove oggi si
possono trovare sul lungomare presso Jack London Square.
Attraverso
una mostra interattiva e pannelli espositivi si possono approfondire le
avventure dello scrittore prima, durante e dopo la corsa all’oro del Klondike.
La capanna in cui London visse negli anni 1897-98 è stata in parte ricostruita
con i tronchi di legno che furono della vera capanna, ritrovata sulla costa
dell’Henderson Creek.”
E io
riprendo a sognare, arrampicandomi fino ai rami più alti, tronchi solidi e
lisci, venati dal tempo. Un capanno nel mio cuore dove abitare in riva ad un
grande fiume bianco, cullata da infinite foreste d’abeti e notti senza
orizzonti.