Giuliano l'apostata: ovvero il traditore
Arte e Cultura > Il viaggio di Ulisse a cura di Maria Chiara Dal Cero
Chiamato
dai Cristiani “l'Apostata”, termine che deriva dal greco e che significa
“traditore”, l'imperatore Flavio Claudio Giuliano aprì e chiuse la sua
parentesi di governo dell'impero dal 361 al 363 d.C.
Tre
anni che, secondo il suo progetto, dovevano stravolgere quanto fatto dai
colleghi precedenti, in particolare da Costantino, di cui Giuliano era l'ultimo
discendente. Questa famiglia amava riconnettere le proprie origini a Claudio il
Gotico e utilizzava una simbologia legata al culto di Helios-Apollo, la quale,
durante il regno di Costantino, si trovava in una via mediana tra cristianesimo
e paganesimo. Infatti, secondo quanto riportano i biografi, Costantino ebbe due
visioni: quella più famosa, la seconda, avvenuta appena prima della battaglia
di Ponte Milvio, dove sconfisse Massenzio liberando così Roma da un dominio
despotico e quella meno conosciuta, avvenuta durante il suo viaggio lungo
l'Italia, quando presso il tempio gli apparve Apollo e una vittoria alata.
Quest'ultima visione è stata poi interpretata in senso cristiano, come
un'anticipazione di quella a noi più nota.
Ma
torniamo a Giuliano.
Cresciuto
lontano dalla corte imperiale insieme al fratello chiamato Gallo, fu partecipe
di un episodio alquanto strano.
Siamo
nel 337 durante la celebrazione del funerale di Costantino. Costanzo, il
secondo dei suoi figli, scorta il sepolcro di porfido rosso del padre.
All'improvviso il palazzo imperiale di riempie di soldati che trasportano i
segnacoli della morte. Fanno strage lasciando vivi soltanto due bambini, tra
questi si dice che abbia suscitato pietà o, secondo una tradizione, che fu
salvato di nascosto da un cristiano, proprio Giuliano. Insieme a lui lasciarono
in vita i figli di Costantino, in quanto secondo l'opinione dell'esercito,
l'impero doveva essere regnato solo dai discendenti dello stesso Costantino.
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Non
si fece attendere Costanzo II a prendere le redini del potere (lui che pur
secondo genito aveva condotto il sepolcro del padre, rito che spettava a chi ne
fosse il successore, quindi il primo genito).
La
prima cose che decise fu di spedire Gallo e Giuliano lontano dal potere
centrale: temeva che avrebbero voluto avere una parte in condivisione essendo
discendenti della famiglia imperiale.
Giuliano l'Apostata: immagine del film del 1919
Da
questo momento per Giuliano inizia un percorso filosofico di maturazione sotto
personalità stravaganti e spesso non ben ricordate dalle fonti storiche. E inizia
anche un percorso geografico piuttosto ampio che lo porterà a tornare anche
presso la corte di Costanzo II, per essere poi “esiliato” nuovamente.
L'inizio
del suo percorso è a Nicomedia, separato anche dal fratello Gallo. Qui, come
già accennavo prima, inizia la formazione di Giuliano; i principi decisi
dall'imperatore Costanzo erano quelli di crescerlo con la filosofia greca e la
religione cristiana, ma la strada che prese Giuliano non fu propriamente
questa. Con la guida di maestri di retorica iniziò ad amare la Grecia, tanto
che nel viaggio di ritorno alla corte imperiale si fermò a commemorare la zona
di Ilio (cioè la città di Troia). Con la Grecia nacque in lui un forte
interesse per la filosofia, che lì aveva le proprie origini, e non ultimo covò
un forte apprezzamento nei confronti della religione pagana, ma che non osò
manifestare fino a che ancora fossero viventi discendenti di Costantino.
Costanzo
II, dopo aver eletto Gallo come suo braccio destro, al comando, relativo, agli
eserciti, lo fece uccidere secondo tecniche fredde e di semplice schematismo
che spesso si vedono nel III secolo (e purtroppo non sono limitate solo in quei
secoli ...). Decise quindi, avendo bisogno di controllare contemporaneamente
più territori e confini, di eleggere a sua volta il fratello Giuliano. Per
rafforzare maggiormente l'acquisizione della porpora imperiale, Costanzo fece
sposare sua sorella Elena con lo stesso Giuliano (in sostanza quindi sua
cugina). Rimase al suo fianco per cinque anni, ma fu una tragica vicenda quella
della sua morte e della perdita di un bambino e che Giuliano non racconta mai.
Da
questo momento in poi egli si vede totalmente impegnato in guerre di confine.
La prima zona da difendere fu la Gallia, ma in questa prima battaglia egli non
fu comandante, ma anzi aveva l'ordine dall'imperatore di eseguire la volontà di
Marcello, generale fidato. Sarà poi Giuliano ad ottenere sempre più appoggio
dalle truppe durante la campagna bellica e conseguire in questo modo la
possibilità di dirigere le guerre. Così, sollevato dal gran peso delle armi,
l'imperatore Costanzo potè dedicarsi ad una visita della città di Roma,
capitale secolare dell'impero romano (durante il III secolo infatti le capitali
imperiali con il palazzo e la corte dell'imperatore erano molteplici: Milano fu
una di queste e non più Roma). In questa occasione abbiamo anche testimonianza
di Giuliano come scrittore: compose infatti un panegirico per elogiare Costanzo
II, ma ebbe davvero pochissimo successo. È forse in questa situazione che
Giuliano inizia una vera campagna militare totalmente al suo comando. Potè
quindi scegliere di accamparsi a Parigi e restarci addirittura per due inverni.
La
amava così tanto che ne fece anche una descrizione personale, raccontandola come una
città particolarissima con freddo e pioggia, con gente che conosceva la
vite e il fico (cosa di cui si meraviglia!).
Come riporta Tantillo nel suo
volume dedicato all'imperatore, Giuliano racconta di una una Parigi sbarbarizzata, è che la amasse molto, perchè per un elleno era un mondo totalmente diverso,
quasi esotico.
Fu
proprio durante questa permanenza che in Giuliano si inizia a formare un'idea propria
della funzione del potere. In particolare la chiarezza del suo dovere di
governo viene consolidata grazie ad un sogno: gli apparve infatti un albero
alto, piantato in un triclinio, che pendeva a terra. Sulle sue radici ne
cresceva un altro, piccolo e tutto fiorito. Nel sogno Giuliano temeva per
l'alberello, che venisse estirpato insieme a quello più grande. Ma qualcuno che
egli non identifica gli suggerì di osservare come il piccolo albero fosse ben
piantato a terra e che quindi non avrebbe potuto subire danni e che anzi
sarebbe cresciuto ancor di più.
La
metafora esprime il simbolo della sua ascesa.
Costanzo
però, geloso dei successi del cugino, inizia a trovare alcuni espedienti per far
sfigurare Giuliano davanti alle truppe, le quali erano fondamentali nel governo
di quel periodo. Ma nonostante questo accanimento dell'imperatore, le truppe rimasero fedeli a Giuliano,
volendolo addirittura eleggere Augusto.
Ci furono così due
imperatori.
Costanzo, quasi per divina provvidenza non fece in tempo a
vendicarsi: morì durante una spedizione contro il cugino, che da quel momento
divenne unico imperatore e ultimo discendente di Costantino.
Senza
più alcun ostacolo, da questo momento rivelò davvero sé stesso: impose il
paganesimo e perseguì il cristianesimo, tanto che arrivò a voler ricostruire il
tempio di Gerusalemme (distrutto da Tito) solo per il piacere di andare contro
i testi sacri, i quali riportavano che il tempio non sarebbe più rinato.
Sentiva gli dei vicini tanto che, riporta Tantillo, anche un lieve muscolo
contratto era letto da lui come un ammonimento divino.
Si
confronta però con l'idea di Costantino secondo cui alla base di tutto c'è il
contratto con Dio. Questo principio viene inteso da Giuliano con l'idea di
stirpe eletta sotto il segno di Helios (che già con Costantino era comparso
nella prima visione), di cui vedeva la massima realizzazione nella filosofia e
nella sapienza greca.
Stefano Conti racconta la vita di Giuliano l'Apostata
A
livello politico invece si preoccupa di iniziare un processo di restaurazione. Si
dice infatti che religione, politica e vita personale sotto Giuliano fossero molto legate tra loro.
Mi
piace concludere con una curiosità locale: a Sirmione, presso la chiesa di
Santa Maria della neve (la chiesa parrocchiale) nel colonnato davanti
all'entrata principale, una delle colonne (quella verso il campanile) riporta
una dedica all'imperatore Giuliano, testimoniando un fenomeno che avviene
spesso nella parte storica di Sirmione: il riutilizzo di materiali antichi.