Intervista a Simona Vinati - L'Astrolabio Online Magazine

L'ASTROLABIO ONLINE
Magazine di Arte Cultura Territorio Ambiente Società
Vai ai contenuti

Intervista a Simona Vinati

Rubriche > Reset, a cura di Sabrina Angiolilli
Simona Vinati: la donna eco-friendly, paladina del “Riduci Riusa Ricicla Raccogli”
Simona nasce in un piccolo paesino del Nord Italia, ribelle già in tenera età, costantemente alla ricerca di risposte, che spesso non appagavano la sua curiosità, perché sentiva non essere vere per lei. Parliamo di quelle regole non scritte, ma convenzionali che erano dettate nei decenni immediatamente successivi al secondo conflitto mondiale, da una società civile che hai tempi era troppo vicina alla Chiesa e ad un perbenismo che usciva da decenni complicati.
Fedele a questi suoi convincimenti personali Simona spesso cercava rifugio in mezzo ai boschi, dove si sentiva protetta e accolta.
Ad un certo punto della sua vita, decide di mettersi in viaggio, prima Amsterdam e poi Berlino, dove comincia a misurarsi con realtà all’avanguardia, che gli consentono di nutrire la sua anima ribelle, frequentando Movimenti Alternativi, che l’hanno portata, dal 2005, a cominciare il suo impegno e il suo attivismo per i diritti degli animali e di Madre Terra.
Nel 2010 la disciplina dello Jivamukti Yoga, lo yoga della liberazione, entra nella sua vita, così come "la crisi" che le fa vedere chiaramente come il modello di vita frenetica e consumistica sia assolutamente non sostenibile per lei.
Grazie a questo nuovo elemento della sua vita, Simona scopre il mondo degli “Ecovillaggi” e della “Permacultura”.
Simona capisce che l’ecovillaggio, per il suo modo di concepire la vita, è soprattutto uno stile di vita, dove una comunità di persone si adopera per vivere in armonia con gli altri essere viventi e con la Terra, creando un ambiente capace di sostenere attività socio-culturali con uno stile di vita a basso impatto eco-sociale.
Nella sua dimensione sociale l’ecovillaggio porta le persone a trascorrere molto tempo insieme e allo stesso tempo a crescere come individui liberi e in maniera utili sia alla comunità che al Pianeta, in una dimensione che porta ad una connessione profonda con Madre Terra, rispettandola attraverso atteggiamenti consapevoli, ad un’edilizia ecologica, riducendo il più possibile i rifiuti e attuando un’agricoltura sostenibile e una gestione etica della terra attraverso la permacultura.
La conoscenza della permacultura insegna a Simona che lo sfruttamento del territorio può essere fatto in maniera equilibrata, progettando insediamenti duraturi il più possibile simile a ecosistemi naturali, sviluppando rapporti di sostegno reciproco tra gli elementi dell’ambiente e i bisogni delle persone: l’uomo deve avere uno stile di vita da “non predatore” e “non parassitario”.
Il risultato di tutto questo è il raggiungimento di un sistema con un grande valore estetico, produttivo e sostenibile nel tempo, ma soprattutto con bassi costi di manutenzione.
Sull’onda di questa consapevolezza Simona molla tutto e nel 2014 va a vivere in diversi Progetti Eco e Olistici in Grescia, Spagna e Portogallo: da queste esperienze impara moltissimo.
Dall’originaria graphic designer che era, si trova improvvisamente, con pura energia del Cuore, ad esplorare il suo talento in cucina, che l’ha portata per tre stagioni, a gestire un progetto nel magico monte Pelion. Poi In questi ultimi anni lavora nel turismo sostenibile viaggiando e esplorando.
In questo suo continuo viaggiare, ricercare e conoscere ha partecipato a tantissimi eventi, ricordiamo l’ultimo in ordine di tempo, lo scorso anno a Manerba del Garda, in collaborazione con l’Eco Festival “There is non Planet B Garda”, che grazie alle buone pratiche adottate nell’evento ha ricevuto il marchio “Zero Waste Italy”. Questo marchio ai più sconosciuto indica una strategia per la gestione dei rifiuti che si propone di riprogettare la vita ciclica dei rifiuti che verrebbero non considerati solamente come scarti, ma come risorse da riutilizzare come ‘materie prime seconde’ e quindi in contrapposizione alle abituali procedure di incenerimento o stoccaggio in discariche.
Questa pratica mira ad annullare o a far diminuire sensibilmente la quantità di rifiuti da smaltire, il processo si basa sul modello di riutilizzo delle risorse presente in natura.
Nell’ambito dell’Eco Festival, tra le buone pratiche adottate, quelle più sorprendenti sono state un concerto musicale alimentato da energia prodotta da biciclette, la distribuzione gratuita dell’acqua tramite colonnine erogatrici e l’invito lanciato ai visitatori di portarsi bicchieri e stoviglie riutilizzabili da casa.
Dopo questa presentazione iniziale della nostra ospite, passiamo finalmente all’intervista.
Simona, in questo momento c’è un grande ritorno alla natura, dalla Silvoterapia, allo Shinrin-yoku i bagni nella foresta. Non può sembrare che il riconnetterci alla natura, sia inversamente proporzionale al disagio e mal di vivere che affligge molte persone, quantunque dall’inizio non si riusca a coglierne le sfumature e a nutrirsi della sua bellezza, perché la usiamo come cassa di risonanza dei nostri disagi. Per te Simona cosa significa ritornare alla natura?
Per me essere nella natura, è partecipare ai suoi ritmi naturali e attraverso questi, ritrovare quel contatto, quella connessione, iniziare uno scambio di emozioni, insomma è BEN-ESSERE. Anche nel mio caso, è vero, all’inizio quello che ho cercato, è stato un conforto alla mia crisi esistenziale, alle mie sofferenze fisiche, un vomitare addosso alla natura tutti i miei disagi, sicura che, come avviene per una mamma, la terra fosse pronta a trasformare il mio dolore in qualcosa di migliore e utile. In quel periodo vivevo a Berlino, posto d’avanguardia, che nutriva molto la mia creatività, ma dopo un po’ di anni i ritmi di vita cominciavano a essere troppo veloci e, anche se io cercavo di frequentare ambienti olistici perché nel frattempo insegnavo yoga, non sentivo quella connessione profonda che cercavo. Tutto era programmato nel ritmo frenetico della giornata, anche ciò che dava benessere, doveva essere produttivo e doveva essere inserito nel sistema, a scapito dell’individuo, del pianeta e della sua stessa essenza. In piena crisi e ancora una volta in cerca di risposte, un’amica mi consiglia di dare un’occhiata agli eco-villaggi: mi innamoro subito dell’idea, abbandono tutto, vado in Grecia e inizio così una nuova vita.
Quindi la vera riconnessione con la natura, il dialogo costruttivo, inizia quando ci si rende conto che i nostri disagi, non sono altro che i disagi della Madre Terra e che possiamo stare bene solo in Armonia con questo pianeta, ridefinendo molti comportamenti e gabbie mentali, insomma il passaggio da Ego a Eco e il sistema eco-villaggio direi che è un’ottima scuola. Ci puoi dire qualcosa in più a riguardo?    
Certo, quegli anni per me sono stati preziosi, ma è anche vero che i cambiamenti e le trasformazioni consapevoli, sono preceduti da piccoli passi, verso una nuova direzione, che a un certo punto diventa chiara, e soprattutto sono passi attuabili verso qualsiasi situazione o luogo, basta solo interiorizzarli.
Le prime esperienze che ho avuto in un Eco villaggio, sono state molto intense, oltre a un nuovo modo di vivere, di relazionarmi, di comunicare e scandire le giornate, mi hanno trasformata profondamente anche dentro di me.
Le giornate erano strutturate con una suddivisione tra pratiche olistiche a piacimento, gestione dei pasti, tempo libero e crescita personale attraverso conferenze, condivisioni e cerchi dei nativi americani
A sostenere questi progetti, arrivano le persone più disparate e con percorsi di vita molto diversi, ma la cosa interessante è che in questi contesti non viene chiesto il tuo curriculum vitae, ma semplicemente cosa vuoi donare. Ricordo una lavagna, dove da un lato veniva scritto cosa era possibile imparare e dall’altro cosa fosse possibile offrire, in modo che durante il tempo libero, si potesse fare questo scambio di talenti e affiancarsi a persone in modo da imparare nuove cose.
Io ho iniziato per esempio a fare un’orto in permacultura, dopo per una coincidenza, sono finita in cucina, dove ho scoperto una passione per il cibo, gestito in maniera etica e sostenibile. Ho cominciato a dargli il giusto valore, a considerarlo carburante per il nostro corpo, nutrimento emozionale oltre che nutrizionale e in uno dei progetti dove ho affiancato una cuoca americana, esperta in catering, ho potuto constatare, che anche quando si cucina per grandi numeri, dovendo velocizzare la preparazione, nulla dovrebbe andare a discapito del riutilizzo e del rispetto di ogni singolo elemento utilizzato.
A proposito di riutilizzo, un’altra missione importante nella tua vita e quella della lotta contro il monouso, affermando che lo Zero Waste è uno stile di vita facile da attuare in ogni ambito. Ci daresti delle indicazioni pratiche, insomma da dove iniziare?  
Zero Waste, è entrato con un mantra nella mia vita; è arrivato quando sono andata via da Berlino, in concomitanza con l’esigenza di viaggiare leggera e in modo ecologico. Quando si va a vivere in un eco-villaggio, la prima cosa che viene richiesta è quella di non avere sostanze inquinanti, ma vieno richiesto l’uso di shampoo e saponi biodegradabili, naturali, bagnoschiuma secchi, senza packaging o sostituito monouso. Queste abitudini di vita sono valide anche per chi vive in città, ormai dappertutto esistono le ‘sfuserie’, utili per approvvigionamento di cibo, di prodotti per igiene personale della casa, per arrivare poi al passo successivo che riguarda l’autoproduzione. C’è uno shop online, Friendly shop Italia, dove si trovano tutti questi prodotti fatti con materiali naturali o riciclati, che sostituiscono il monouso, che è la più grande piaga del nostro tempo. Anche il biodegradabile e il compostabile, va a fare uno spreco di risorse inutile, bisogna cominciare a ragionare sul fatto che buttare via non è ricchezza, è segno che qualcosa non sta funzionando, perché la natura non produce rifiuti, tutto è in simbiosi e tutto quello che viene prodotto viene riassimilato. Questo è il cerchio naturale della vita.
Vi do alcune indicazioni, si può iniziare da ciò che utilizziamo più spesso come la coppetta mestruale Cotton-fioc biodegradabile, saponi solidi per igiene personale, utilizzo di borracce, cannucce d’alluminio, spazzolini di bambù, quello che vi stupirà sarà anche il fatto che durano molto di più, con costi inferiori rispetto agli stessi prodotti industriali.
Insomma, così facendo ci prendiamo cura di noi e dell’ambiente in maniera più amorevole.
L’espressione massima di amore verso noi stesso e il Pianta e sicuramente il cibo.
In questo caso, noi Italiani mostriamo una profonda dicotomia tra le nostre radici enogastronomiche, dove con un atteggiamento quasi sacro, non accettiamo nessun tipo di contaminazione, a quello dettato dal fast food, dove quello che mangiamo non ha nessun tipo di importanza nutrizionale, ma va solo a sopperire disagi emozionali. Ii cibo potrebbe essere uno di quegli strumenti di riconnessone con la natura, rientrare nel ciclo naturale attraverso il cibo potrebbe essere una fonte di medicina incredibile. Cosa ne pensi?  
Posso dire che le esigenze che abbiano ai nostri giorni, non sono le stesse che avevano i nostri nonni, il cibo che mangiamo oggi, è in gran parte frutto di lavorazioni industriali, non rispetta la stagionalità, è sottoposto a lavorazioni che ne alterano le qualità, quindi il prodotto è morto, cioè non ha quei principi nutritivi che la terra gli ha donato nel momento della maturazione.  
In realtà basterebbe attenersi a poche regole: ingredienti stagionali dell’orto, se si ha la fortuna di averne uno, oppure andare da produttori a km zero, o km utile, erbe spontanee, cucina senza derivati animali, divertirsi ogni tanto con la creazione di piatti crudisti.
Il crudismo non è solo un piatto fatto con tristi carote crude o pomodori insipidi, ma riguarda un modo di vivere etico, rifiutando alimenti di origine animale, la crudeltà e le aberrazioni del sistema di allevamento intensivo, ma anche il non incentivare i meccanismi dell’industria alimentari acquistando prodotti troppo lavorati.
Gli allevamenti intensivi sono la causa principale dell’inquinamento ambientale e qui vorrei ripetere una cosa nota, ma che tengo a sottolineare, si dice spesso fatevi meno docce non sprecate acqua e poi, magari, mangiamo un hamburger, il cui ciclo produttivo equivale a 100000 litri d’acqua circa, cioè la stessa quantità di acqua per fare docce per un periodo pari a due o tre mesi.
Il crudismo utilizza frutta verdura semi, noci, germogli, il cibo non viene cotto in modo da avere maggiori valori nutrizionali, grazie alla presenza di enzimi, oppure cotto ad una temperatura massima di 40°, per garantire un maggior apporto di vitamine e minerali. Al posto della cottura i cibi vengono tagliati, affettati, frullati, centrifugati, marinati o disidratati. Per far vedere, come sia facile preparare una torta crudista, abbiamo realizzato un video che spiega ogni singolo passaggio, augurandovi di godere e nutrirvi grazie a questa nuova esperienza.
Simona noi di solito chiudiamo l’intervista con una parola, quale è la tua?

Ecocentrismo, il contrario di Antropocentrismo, mi auguro che questo sia al più presto il salto di paradigma, per il nostro bene del Pianeta e di tutti gli esseri viventi.
L'Astrolabio di Swanbook
Redazione: Desenzano del Garda
Contattaci:
redazione@lastrolabio.swanbook.eu
Torna ai contenuti