Tra un "Cristo martirizzato" e un "kamikaze" che si fa esplodere
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maggio 2023
Tra un “Cristo martirizzato” e un “kamikaze” che si fa esplodere
(Similitudini in Arte tra Barocco e Contemporaneità)
di Albino Monteduro
Com’è noto, le Opere d’arte sono la testimonianza culturale, diretta del
tempo in cui vengono concepite. Ogni tempo ha le sue… ma ci sono dei periodi
che si caratterizzano per il ritorno di certe regole estetiche o espressive già
sperimentate. Pare quasi che culture del passato, non avendo ancora esaurito
del tutto la spinta propulsiva, si riaffaccino in tempi successivi al fine di perpetuare
il loro messaggio artistico e divulgarlo ancora. Ovvero che vengano
appositamente riconsiderate e riproposte – ovviamente, con chiave e significato
diversi. Così è stato per certo Classicismo
greco che si è replicato in periodo Rinascimentale
italiano per riemergere poi, nelle forme del cosiddetto Neoclassico, tra la seconda metà del
Settecento e i primi decenni dell’Ottocento.
Per esempio, chi vi scrive ha rilevato analogie esistenti tra la vita compulsiva della contemporaneità e
il fervore intollerante delle
moltitudini in epoca barocca.
Basta coglierle e metterle in relazione. Il riferimento precipuo è rivolto
alle espressività artistiche manifestatesi tra il Sei–Settecento e quelle tra il Novecento–Giorni
Nostri. Infatti, si intravede anche nel mondo odierno un uso eccessivo di
immagini che ricorda l'esagerato decorativismo di allora. Per dirla
meglio, sono ben distinguibili, all’interno delle nostre Comunità, il formalismo che molto spesso prevarica
la sostanza e il superfluo che, sovente, sopravanza l’essenziale. Mentre, all’eccesso della spiritualità barocca – che in più
occasioni ha sfiorato il fanatismo più acceso (basti ripensare alla cruenta
Inquisizione che nel XVII° secolo ha operato nelle aree
cattoliche d’Europa, specie in Spagna) – oggi sembra corrispondere un certo fanatismo edonistico che, alla stessa
maniera, rende difficili e irrequieti i rapporti tra i gruppi umani sulla Terra.
C’è, poi, l’analogia più convincente e riguarda gli effetti che riesce a produrre un’opera su chi la osserva; le
reazioni che muove nelle coscienze degli individui.
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Già dal periodo Manierista e fino a tutta l’epoca
barocca, l’opera, fra le altre finalità, aveva anche il compito di impressionare,
stupire; lo spettatore doveva restarne attratto, coinvolto e anche sconvolto –
magari proprio dalla crudezza delle immagini – mentre dalla sua bocca,
incontrollato e incontrollabile, avremmo sentito venir fuori una specie di
flebile e prolungato: “Oooh”.
Oggi, accade la stessa cosa!
Basta osservare le reazioni davanti a opere di Maurizio
Cattelan o Damien Hirst o Dan Graham o Michelangelo Pistoletto…

Seppure a distanza di secoli, seppure con
l’emancipazione che viene dalle esperienze, dalla cultura, dalle tecnologie,
perfino dalle guerre cruente del Novecento (e quelle in fieri dei
nostri giorni), lo spettatore di oggi
non è immune dallo stupore (o, meglio dire, dallo sgomento stupito) e nel
vedere una vacca sezionata o un cranio tempestato di diamanti o un papa abbattuto da una meteorite, o da
opere cinematografiche che ci raccontano attraverso una tremolante ripresa,
magari trasponendo l’ultimo attentato esplosivo compiuto dell’ennesimo kamikaze – che si è fatto esplodere, guarda caso,
tra folla inerme – anche oggi sentiamo riecheggiare ancora quel flebile,
prolungato (e vano, purtroppo!): “Oooh”.