Gli alberi del silenzio (di Fausto Scatoli)
Rubriche > Itinerari e luoghi e altro
Aggrappata al Pizzo Kratas, a circa 800 metri di altezza, sorge la cittadina di Caltabellotta, in provincia di Agrigento.
Il nome deriva dall’arabo Qal'at Al-Ballut (Castello delle querce), ed è famosa soprattutto per la pace del 1302, qui firmata per porre fine alla guerra dei vespri siciliani.
Chi volesse visitare questa cittadina troverebbe numerosi spunti per un intraprendere un interessantissimo percorso artistico e culturale iniziando magari dal castello del Conte Luna per proseguire alla chiesa Madrice (cattedrale di S.Maria Assunta), al monastero di San Pellegrino e al museo Civico. Sono di grande interesse nonché di stimolo alla curiosità il museo delle Mummie e quello della ceramica.
Ma le magnificenze di questo
borgo non sono solo racchiuse all’interno degli edifici storici: guardare la
città all’imbrunire, dall’alto del Monte Pellegrino, ripaga tutte le fatiche di
una lunga camminata.
Caltabellotta (AG)
Il tramonto a Caltabellotta
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Caltabellotta è famosa pure per
altro, ovvero per l’olio, infatti in questa zona si produce uno dei migliori
oli EVO d’Italia, molto richiesto anche all’estero, perfino in Giappone.
Un tempo questa era zona piena di
vigneti che però, a poco a poco sono stati riconvertiti in uliveti, fino a diventare,
ai giorni nostri, una monocoltura. Ora nella zona si coltivano e raccolgono
solamente olive, le altre coltivazioni sono diventate marginali. L maggior
parte di queste coltivazioni è del tutto biologica, non viene fatto alcun
trattamento alle piante e ai terreni.
Valle Pietragrossa Cavallaro
infiorescenze di sulla
Lasciata Caltabellotta dopo circa
un chilometro, si arriva al passo che porta dall’altro lato del Pizzo Kratas e
si accede in una vallata conosciuta come Pietragrossa Cavallaro, che si estende
attraverso i monti sicani.
La prime cose che colpiscono solo
la pace, la quiete, il silenzio che permea tutta la valle. Al centro, il nastro
d’asfalto della carrozzabile conduce verso San Carlo e altri borghi: su entrambi
i lati della strada si dipanano i versanti ricoperti da piante di ulivo a
perdita d’occhio. Raramente si intravedono coltivazioni diverse, essenzialmente
pascoli per pecore o vacche, con prati che arrossiscono a causa dei fiori di “sulla”,
ottima erba per l’alimentazione del bestiame.
Lungo la vallata si scorgono
diversi fabbricati, per lo più vecchie case rurali che un tempo erano le abitazioni
degli agricoltori e ora invece sono abbandonate o utilizzate come ricovero per
mezzi agricoli. Solo una minima parte è tutt’ora abitata.
Una vasca per abbeverare il bestiame
Sono anni che io, in ottobre, vengo
in questo paradiso per la raccolta delle olive. Questa volta, però, ho voluto
provare a portare il mio contributo anche alla fase antecedente, quella della
rimondatura, ossia della pulizia degli alberi dai rami secchi e da quelli in
eccesso. Un’operazione di grande importanza per le piante, ripulito dai rami in
eccesso l’ulivo darà frutti regolari e in ogni stagione anziché ad anni
alterni.
Nonostante non sia molto larga
questa valle, il sole la illumina dall’alba al tramonto su entrambi i versanti,
e il sole è un bene essenziale per l’ulivo, allo stesso modo del silenzio.
Siamo a circa settecento metri di altitudine, quindi l’arieggiamento non manca
mai. Solitamente è una brezza leggera o poco più, diversamente non si
potrebbero coltivare gli ulivi, perchè il vento è un loro nemico.
La cultivar principale della zona e la “biancolilla”, pur non mancando la presenza di altre specie pregiate come il “cerasuolo” o la “nocellara”, la cui drupa (così si chiama il frutto dell’ulico) è utilizzata soprattutto per le famose olive schiacciate siciliane, a differenza delle altre citate, essenzialmente dedicate alla produzione di olio.
La rimondanatura degli alberi non è un’operazione semplice, bisogna sapere cosa e come potare, e cosa lasciare.
È importante a dare alle piante una forma a ombrello che abbia però i rami radi, così che da fine maggio in poi, prima la fioritura e poi la fruttificazione, si possano sviluppare in maniera corretta.
Uliveti di cultivar Biancolilla
Mentre si lavora, gli unici
rumori che si sentono sono quelli di qualche trattore o di una motosega che
amputa un ramo grosso: sono i soli rumori che riescono a coprire il gracchiare
delle cornacchie, vere padrone della vallata, o il leggero soffio del vento.
Le giornate di lavoro sono lunghe
e mezzogiorno non si rientra ma si mangia un panino o altro portato da casa e
lo si fa proprio all’ombra delle piante di cui ci si sta prendendo cura. Dopo
un appetitoso e frugale pasto veloce si ricomincia. Questa parte del lavoro
nell’uliveto non è pesante come la raccolta autunnale delle olive, comunque
alla sera le mani sono intorpidite per il continuo utilizzo delle cesoie o del
seghetto, soprattutto i primi giorni, poi pian piano ci si abitua.
Al rientro in paese, dopo una giornata
faticosa, è d’obbligo una fermata al bar per un aperitivo, dove si incontrano
altri paesani che hanno passato la giornata allo stesso modo. Da queste parti praticamente
tutte la famiglia hanno, seppur piccolo, un appezzamento di terreno con piante
di ulivo. Grazie all’abitudine dell’aperitivo in compagnia ci si confronta sul
lavoro svolto e ogni opinione può venire utile per il giorno successivo, per quanto
davvero pareri e punti di vista siano spesso molto distanti fra loro.
Poi si va verso casa, dove ci
aspetta una bella doccia, la cena e un sonno ristoratore.
All’indomani ci saranno altri
rami da tagliare, meglio essere riposati.
Il monastero di San Pellegrino